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26 Aprile 2025 - 17:19
"Che ci fate qui?": a Settimo il 25 aprile diventa una guerra tra Pd e Lega
"Che ci fai qui? Sei venuto a controllare cosa cantiamo?"
È bastata questa frase, pronunciata da un esponente del Pd al capogruppo della Lega Manolo Maugeri durante le celebrazioni del 25 aprile a Settimo Torinese, per scoperchiare una polemica che, sotto la cenere, covava da tempo. Una provocazione neanche troppo velata, che fotografa in poche parole il clima di sospetto e tensione che ha segnato quest'anno la commemorazione della Liberazione.
Secondo il Partito Democratico di Settimo, infatti, le opposizioni – in particolare Fratelli d’Italia e Lega – avrebbero di fatto disertato tanto la fiaccolata della sera del 24 aprile quanto i momenti ufficiali del giorno successivo, lasciando una partecipazione minima e defilata a quella che, ricordano i Dem, è "la festa fondativa della Repubblica e della democrazia italiana".
Le accuse non lasciano spazio a interpretazioni. "La realtà, più delle parole, è ciò che conta", scrive il Pd in una nota durissima, sottolineando che Fratelli d’Italia – Circolo Tommaso Lanza è stato "totalmente assente", mentre la Legasi sarebbe limitata a una presenza "sparuta e fugace", senza prendere parte alla cerimonia più solenne, quella in Sala Consiliare accanto ai familiari dei partigiani di Settimo.
Non solo: il Pd attacca anche il tentativo di alcuni esponenti del centrodestra di affidare alla comunicazione social il loro omaggio alla Liberazione. "Non basta scrivere un post per pensare di aver onorato il 25 aprile", si legge nel comunicato, dove si stigmatizzano le citazioni di Oriana Fallaci e i richiami a Giorgia Meloni come "insufficienti per testimoniare un reale attaccamento ai valori democratici".
Il giudizio si fa ancora più netto quando il Pd parla apertamente di "ipocrisia" e "disprezzo silenzioso", denunciando come la "sobrietà" invocata dal governo di centrodestra per il lutto nazionale alla morte di Papa Francesco sia stata, nei fatti, solo un pretesto per "marginalizzare l'importanza dell'80° anniversario della Liberazione". E con amarezza il Partito Democratico avverte: "Oggi come allora dobbiamo essere vigili: la difesa della democrazia non è mai un fatto scontato".
Ma il centrodestra non intende lasciare passare le accuse senza replica. La controffensiva parte proprio da Manolo Maugeri, che definisce il comunicato dem "impressionante per arroganza". Secondo il capogruppo leghista, il Pd avrebbe tentato di trasformare il 25 aprile in una "passerella ideologica", decidendo arbitrariamente chi è degno di partecipare e chi no.
"La libertà non si celebra solo gridando slogan", ribatte Maugeri, "ma si pratica ogni giorno, anche quando si dissente". Il capogruppo rivendica la propria presenza "sobria e rispettosa", rifiutando l'idea di un'adesione di facciata e denunciando come emblematico l'episodio della domanda provocatoria ricevuta in piazza: "Il 25 aprile appartiene a tutta l'Italia, non solo a chi la pensa come il Pd".
Più esplicitamente l'accusa della Lega è di "tentativo indegno di monopolizzare la memoria" di "calpestare la libertà che dichiarano di voler difendere".
"La memoria della Liberazione non è proprietà esclusiva della sinistra", si legge.
Così la polemica si infiamma su due fronti: da una parte il Pd, che rivendica l'importanza della presenza fisica come atto concreto di rispetto verso la storia; dall'altra il centrodestra, che difende la libertà di commemorare la Resistenza anche in forme diverse, senza piegarsi a ritualità imposte.
Un cortocircuito politico e simbolico che, invece di unire sotto il segno della libertà riconquistata 80 anni fa, rischia di scavare nuovi fossati. Con il paradosso che, nel giorno in cui si celebra la fine delle divisioni e dell’odio, proprio quelle divisioni e quell’odio sembrano riaffacciarsi, più accesi che mai.
A Settimo Torinese, come altrove, il 25 aprile resta dunque una data viva. Ma anche estremamente fragile, esposta ai venti della polemica quotidiana e alle fratture sempre più profonde di una politica che fatica a trovare, perfino nella memoria condivisa, un terreno comune.
Se il Pd a corto di idee trasforma il 25 aprile nell'ennesima polemica da "pollaio"
C’è un silenzio che dovrebbe far riflettere.
Il 25 aprile, a 80 anni dalla Liberazione, Settimo Torinese ha vissuto una giornata ordinata, sobria, rispettosa. Nessun insulto, nessuna provocazione, nessuna bandiera calpestata. Un clima raro, quasi da proteggere.
E invece no.
Nel silenzio generale, il Partito Democratico ha deciso che non poteva proprio lasciar passare una giornata senza mettere zizzania. E così, con una foga da "pollaio", si è inventato dal nulla una polemica.
"Fratelli d'Italia assente", "Lega presente solo a metà", "un post non basta". E con tre frasi fatte ha riempito un comunicato al vetriolo.
Ma basta guardare i fatti per capire che la realtà era diversa: la commemorazione c’era, la gente c’era, il rispetto c’era. Nessuno ha impedito a nessuno di esserci, nessuno ha trasformato l’evento in un’arena di risse politiche.
Chi aveva voglia di onorare la memoria lo ha fatto.
Chi voleva semplicemente esserci, senza inginocchiarsi ai dogmi ideologici, c'era.
E allora, a chi serviva tutto questo veleno?
La risposta è semplice: quando le idee scarseggiano, si passa all’arte di litigare. Il Pd setimese, privo di contenuti veri, ha trovato un bersaglio facile: attaccare chi non si genuflette davanti alla liturgia dell'antifascismo di maniera, quello da slogan vuoti e selfie con la fascia tricolore.
Come se la memoria della Liberazione si misurasse a presenze, a foto, a hashtag di circostanza.
E poi c’è quella frase, miserabile nella sua piccolezza: "Che ci fai qui? Sei venuto a controllare cosa cantiamo?".
Una battuta velenosa, che racconta molto più di mille dichiarazioni ufficiali. Perché in fondo, non interessa celebrare insieme. No, interessa marchiare, schedare, etichettare. Separare i buoni dai cattivi, stabilire chi può parlare e chi deve stare zitto. Con buona pace dello spirito del 25 aprile, ridotto a uno strumento da agitare come una clava.
Del resto, è molto più comodo accusare gli altri che interrogarsi su un fatto ormai sotto gli occhi di tutti: il 25 aprile, anno dopo anno, scivola via senza più parlare davvero ai cittadini.
E il motivo è semplice: non è più la festa di tutti, ma il terreno di conquista di pochi.
Pochi che preferiscono il rancore al rispetto.
Pochi che scambiano la memoria per una tessera di partito.
E mentre la gente normale – quella che davvero conosce il valore della libertà – camminava in silenzio, partecipava senza bisogno di slogan, senza bisogno di fotografarsi, senza bisogno di etichette, il Partito Democratico già penava a come proclamare la sua presunta superiorità morale.
Una superiorità che nessuno gli ha chiesto.
Una superiorità che nessuno gli riconosce.
La Liberazione è di tutti. Non di chi la usa per regolare conti politici da cortile.
Non di chi trasforma il ricordo di chi ha dato la vita in un misero strumento di propaganda.
Non di chi, in assenza di idee, sa solo alzare la voce per sentirsi vivo.
Al Pd converrebbe ricordarlo.
Perché a furia di giocare con il fuoco della memoria, il rischio è di bruciarsi definitivamente anche l’ultima parvenza di credibilità.
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