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3 ottobre a Lampedusa: undici anni dopo la strage. Ciuffreda: "Ogni volta che ci ritroviamo, è come se ridessimo un nome e una voce a ciascuno di loro"

L'ex sindaco di Chivasso, ora membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, questa notte era sull'isola

Lampedusa

Lino Ciuffreda, ex sindaco di Chivasso, a Lampedusa

Il 3 ottobre da undici anni a Lampedusa si ricordano le vittime del naufragio del 2013 in cui morirono 368 persone. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia, grazie al suo programma migranti e rifugiati, Mediterranean Hope, presente sull’isola con un osservatorio permanente dal 2014, ha proposto una commemorazione interreligiosa organizzata con la Parrocchia di San Gerlando Lampedusa, Arcidiocesi di Agrigento, l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, con la partecipazione della Chiesa Anglicana d’Inghilterra e dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia.

Il momento in memoria delle persone morte nel 2013 – e di tutte quelle scomparse nel Mediterraneo – si è svolto presso il santuario della Madonna di Porto Salvo. Per il Consiglio della FCEI era presente anche Libero Ciuffreda, ex sindaco di Chivasso, Membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.

Con una nota, Ciuffreda affida al nostro giornale le sue riflessioni sulla notte passata intorno al Memoriale di Lampedusa.

"In pochi minuti la piccola piazza con il memoriale del naufragio si riempie. Tantissimi giovani, anche anziani, colori della pelle diversi: neri, bianchi, olivastri. Le lingue diverse: arabo, francese, inglese, italiano, afrikan, dialetto lampedusano. Tutti in silenzio. Sono le 3 di notte e nessuno sembra aver sonno. Questo silenzio è come se facesse rivivere le grida soffocate dalle onde del mare che in pochi minuti ne inghiottì 368. Qualcuno fotografa, qualcun altro fa rimbalzare sui social la diretta live. Ciò che colpisce è la capacità di questo luogo di frenare la corsa della tua vita... una sorta di pietra d'inciampo.

Prima una piazza insignificante dell'isola, vicino all'ufficio postale, in questo momento pare un luogo sacro. Un santuario senza pareti e senza altare, che induce a riflettere, ad abbracciarsi. Giovani e anziani, bianchi e neri... un unico grande abbraccio. Le lacrime frutto delle intense emozioni rigano il viso. Alcuni ragazzi li senti singhiozzare, altri cercano di "frenare" il pianto, ma non possono legare il cuore. Alcuni sopravvissuti tornano ogni anno: li riconosci. Il loro volto si trasforma, sembrano gridare di nuovo aiuto, aiuto e ancora aiuto. Sì, perché nel "mare spinato" di Lampedusa ancora si muore. Il Molo Favarolo, questa lingua di terra, approdo di speranze e di sogni, ancora si riempie di disperati.

La commemorazione di questa notte a Lampedusa

La piazza ora si stringe intorno al monumento. Qualche parente, un padre e una madre, vanno a cercare su quella spirale di lettere il nome del proprio congiunto, del proprio figlio perduti. Sì perché il 3 ottobre 2013 erano giovani, cotti dal sole e indeboliti dalle torture, dalla fame e dalla sete, smarriti nel buio di un'alba che 368 di loro non vedranno... così le vittime di oggi. Anzi, oggi quando non muoiono nei lager tunisini o libici che noi contribuiamo a finanziare, quando non finiscono in fondo al mare, queste giovani vite, ricche di speranze e di sogni, vengono prese e disperse nei vari hot spot dell'Italia e tra poco in Albania: gli occhi "puliti" occidentali non devono vederli. Sono le 3.15 e un gruppo di ragazzi ridona la voce ai disperati:

“Siamo rimasti in mare tanto tempo, tanto tempo, troppo tempo, l'acqua era fredda. Il buio si è preso tutto. Abbiamo perso il nostro nome tra le onde”.

Li chiamano per nome, uno ad uno, ed erano, solo in quella notte, 368 i morti annegati. Ognuno di noi né afferra uno, lo stringe nel proprio cuore e promette a sé stesso che domani farò la mia parte: almeno uno devo salvarlo, devo tirarlo fuori dalle onde e dal buio delle nostre coscienze indifferenti... dalla disperazione. Ti salverò da ogni malinconia perché voglio avere cura di te, risuona questa notte la canzone di Battiato. Anche il Sindaco Filippo Mannino ci dice che non possiamo dimenticare. Quest'isola interroga le nostre coscienze. È un'isola che accoglie, che salva, che strappa dal mare, che accende una luce nel buio dei nostri egoismi.

Vito Fiorino, ancora scosso dalle grida di quella notte, con la sua barca riuscì a salvarne molti, ricorda che queste persone, questi 368 martiri della politica, rivivono questa notte, ci guardano dritto negli occhi, ci implorano, ci perforano l'anima. Sono passati 11 anni, ma ogni anno, ogni volta che ci ritroviamo, è come se ridessimo un nome e una voce a ciascuno di loro".

Libero Ciuffreda
Membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Lampedusa 3 Ottobre 2024

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