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05 Aprile 2024 - 01:13
Malasanità
Le regioni alzano gli scudi contro i tagli alla sanità, a partire da quelli al Pnrr, denunciano compatte.
E se il governo non cambierà rotta, annunciano che ricorreranno alla Corte Costituzionale. Una presa di posizione che arriva all'indomani dell'appello di 14 scienziati per maggiori risorse alla Sanità pubblica.
Anche la Ragioneria generale dello Stato mette in guardia e, in un documento dello scorso 26 marzo, indica i rischi legati all'ulteriore slittamento al 2025 dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) e delle relative tariffe, chiedendo che i fondi già destinati ai Lea vengano resi "indisponibili" per evitare che, come sinora successo, siano utilizzati dalle regioni per altre voci.
Netta la richiesta delle regioni: abrogazione del titolo 1 comma 13 del dl Pnrr che taglia 1,2 miliardi alle regioni relativi prevalentemente a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o un impegno formale per la reintegrazione dei fondi, chiede al governo la Conferenza delle Regioni in un parere. Se questo non dovesse avvenire, le regioni sono pronte a rivolgersi alla Consulta.
"Utilizzeremo tutti i canali della collaborazione e anche quelli di non collaborazione, se necessario, per tutelare il più possibile il Servizio sanitario nazionale. Penso che sia un obiettivo di tutti, in primis del governo, dare una risposta che possa migliorare la risposta sanitaria del Paese. Da una interlocuzione informale abbiamo visto un'apertura del governo", ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga.
Anche il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta chiede al governo finanziamenti adeguati per la sanità: "L'incertezza sui tempi di attuazione dei nuovi Lea e l'invito della Ragioneria a vincolare le risorse dipingono un quadro a tinte fosche per il futuro del Ssn", afferma. Ed è infatti un forte richiamo proprio ad un uso appropriato delle risorse già finalizzate ai Lea quello che è giunto dalla Ragioneria: "Si chiede al ministero della Salute, in occasione del riparto delle disponibilità finanziarie del Ssn per il 2024, e per i successivi anni - si legge nel documento - di rendere indisponibili le risorse preordinate all'entrata in vigore delle nuove tariffe e quelle per l'aggiornamento dei Lea, pari a 631 milioni di euro per il 2024 e a 781 milioni dal 2025, fino all'effettivo utilizzo delle risorse per le finalità indicate".
Ciò anche al fine "di salvaguardare gli obiettivi assistenziali ed evitare di coprire inefficienze regionali".
In altre parole, la richiesta è quella di 'congelare' i fondi che servono per le cure garantite ai cittadini, appunto i Lea, fino a quando non entreranno in vigore - l'1 gennaio 2025 - le tariffe che renderanno disponibili le stesse cure.
Questo perchè tali fondi, "assegnati alle regioni, in mancanza di provvedimenti attuativi, sono stati comunque utilizzati per coprire altre occorrenze della spesa sanitaria e soprattutto inefficienze o squilibri dei servizi sanitari. E forse questo - scrive ancora la Ragioneria - è il principale motivo per la richiesta di proroga da parte regionale".
Lo slittamento al 2025, avverte inoltre, rischia di aumentare ulteriormente il divario tra le regioni. Risponde alle critiche il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, sottolineando che "non ci voleva certamente il parere di alcuni autorevolissimi scienziati per constatare che nel nostro Paese vi sia la necessità di una importante revisione del Ssn. Liste d'attesa, carenza di medici, finanziamento sanitario: sono tutte questioni che affrontiamo da 16 mesi ma che affliggono la nostra sanità pubblica - precisa - da almeno 15 anni, quando a governare non era questa compagine politica".
Il Governo Meloni, replica, "rimette la salute al centro dell'agenda politica, ed è doveroso ribadire che questo esecutivo ha appostato sul fondo sanitario la cifra record di 134 miliardi di euro per il 2024, con un investimento di oltre 11 miliardi per il prossimo triennio". Per consolidare il Ssn "serve puntare sui professionisti, e Schillaci ha intrapreso la strada giusta", commenta il presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli.
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