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Pogba, doping e futuro incerto: 4 anni di stop, la carriera a rischio.

Quella di Pogba non è la prima carriera rovinata. Ricordiamo: Alex Schwazer, Lance Armstrong, Andreas Krieger, Marion Jones, Ben Johnson, Marco Pantani

Paul Pogba

Paul Pogba

Dopo mesi di attesa, è arrivata la sentenza-verità per Paul Pogba. La richiesta della Procura Antidoping è stata accettata, la squalifica per il Polpo sarà di quattro anni.

Una vera e propria batosta arrivata intorno all'ora di pranzo di venerdì, con la Juve che in mattinata aveva ricevuto la comunicazione.

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La sua avventura in bianconero è da considerarsi conclusa, così come è a rischio pure la sua intera carriera: il francese spegnerà 31 candeline il prossimo 15 marzo, senza considerare che nelle ultime stagioni è stato a lungo frenato dagli infortuni.

Ma Pogba non si arrende e annuncia che farà ricorso: "Non ho mai assunto consapevolmente o deliberatamente alcun integratore che violi le norme antidoping - si difende - come atleta professionista non farei mai nulla per migliorare le mie prestazioni utilizzando sostanze vietate e non ho mai mancato di rispetto o imbrogliato i miei compagni e sostenitori di nessuna delle squadre per cui ho giocato o contro cui ho giocato".

Se non cambieranno le cose, il ritorno in campo di Pogba sarebbe fissato per il 10 settembre del 2027, quando sarà alla soglia dei 35 anni. L'ultima spiaggia, anche se le speranze sono minime, è rappresentata dal ricorso alla Corte Nazionale e al Tas di Losanna, come annunciato dallo stesso calciatore.

"Sono stato informato della decisione del Tribunale Nazionale Antidoping e ritengo che il verdetto sia sbagliato, in conseguenza presenterò ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport".

Il Polpo spiega di essere "triste, scioccato e con il cuore spezzato perché tutto ciò che ho costruito nella mia carriera da giocatore professionista mi è stato portato via".

pogba

E ribadisce la sua innocenza: "Quando sarò libero dalle restrizioni legali l'intera storia diventerà chiara".

La stessa speranza espressa dalla moglie: "La verità prevarrà sempre mi rey", scrive sui social Maria Zulay Salaues.

Riavvolgendo il nastro della vicenda, il caso è scoppiato l'11 settembre scorso, quando Pogba è stato sospeso in via cautelare a causa della positività riscontrata a un controllo anti-doping dopo Udinese-Juve del 20 agosto 2023. Le controanalisi di inizio ottobre al laboratorio dell'Acqua Acetosa di Roma hanno confermato i primi risultati, per un integratore assunto dal calciatore durante le vacanze estive a Miami.

Insieme ai suoi legali, Pogba aveva deciso di non patteggiare una squalifica di due anni ma di andare avanti per la sua strada per dimostrare la propria innocenza, ma ora il Tribunale Nazionale Antidoping ha emesso la sua sentenza: quattro anni di stop al Polpo, sulla sua carriera rischia di calare il sipario.

E anche il suo rapporto con la Juve, che da settembre sta garantendo a Pogba il minimo salariale previsto, circa duemila euro al mese, è ormai ai titoli di coda. Solidarieta' gli arriva da Dusan Vlahovic, compagno di oggi, e da Dybala e Paredes, bianconeri di ieri. Lo difende il ct dei Bleus, Didier Deschamps, raccontando lo choc della Francia:

"Non immagino neppure un istante che Pogba abbia avuto intenzione di doparsi - le sue parole in una nota - Ora c'e' un fatto, la presenza dell'ormone illecito è incontestabile. Paul dovrà condurre una nuova battaglia per difendersi, davanti al Tribunale arbitrale dello Sport: quel che Paul sta vivendo da mesi e' duro, e non posso restare insensibile di fronte al suo dolore, tenuto conto di tutto quello che ha realizzato in nazionale e dei rapporti che abbiamo stretto con la maglia dei Bleus. La sua situazione mi rattrista e spero con tutto il cuore che possa risolversi. In ogni caso, voglio crederci"

L'ultimo di una serie

Il caso Pogba è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi che dimostrano come il doping sia ancora un problema dilagante nello sport. Serve un cambio di rotta, una presa di coscienza collettiva che porti a un impegno serio e concreto nella lotta contro questo fenomeno. Solo così si potrà tutelare l'integrità dello sport e la salute degli atleti.

Ecco quindi una serie di personaggi che hanno negativamente legato la loro carriera alle sostanze stupefacenti.

• Alex Schwazer: Campione olimpico di marcia a Pechino 2008, Schwazer è stato due volte fermato per doping. Nel 2012, a pochi giorni da Londra 2012, e nel 2016, stroncando definitivamente la sua carriera. Un caso emblematico di come il doping possa infrangere i sogni e le speranze di un atleta.

 

Alex Schwazer

• Lance Armstrong: Il ciclista americano è stato l'indiscusso protagonista del Tour de France per sette anni consecutivi, dal 1999 al 2005. Ma la sua leggenda è crollata nel 2012, quando una sconvolgente inchiesta rivelò un sistema di doping di cui lui stesso era il fulcro. Una caduta rovinosa che ha macchiato per sempre la sua reputazione e il suo sport.

 

Lance Armstrong

• Andreas Krieger: La sua storia, risalente al 1986, è ancora più drammatica. Nata come Heidi Krieger e avviata alla carriera di pesista nella DDR, fu sottoposta a un pesante regime di doping che alterò non solo le sue prestazioni, ma anche il suo corpo, portandola a un cambio di sesso nel 1997. Un caso estremo che evidenzia i pericoli devastanti del doping, non solo per la carriera, ma anche per la salute e l'identità di un individuo.

 Andreas Krieger

• Marion Jones: Velocista americana, campionessa olimpica a Sydney 2000, poi squalificata e costretta a restituire le medaglie per doping.

• Ben Johnson: Sprinter canadese, campione olimpico dei 100 metri a Seul 1988, poi squalificato per doping.

Ben Johnson

• Marco Pantani: Ciclista italiano, vincitore del Giro d'Italia e del Tour de France, morto tragicamente nel 2004. La sua carriera è stata segnata da continui sospetti di doping.

Marco Pantani

Il doping non è solo una scorciatoia verso il successo, ma una scelta che può avere conseguenze devastanti sulla salute e sulla vita degli atleti. È fondamentale, quindi, che tutti gli attori del mondo sportivo, dalle federazioni agli atleti stessi, si impegnino a contrastare questo fenomeno. Solo attraverso la sensibilizzazione, l'educazione e il controllo rigoroso si potrà tutelare l'integrità dello sport e il valore della competizione leale.

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