A 75 anni dalla Liberazione, la pandemia del Covid19 che minaccia le nostre Comunità, ci impone di celebrare la ricorrenza senza manifestazioni esterne. E' la prima volta in 75 anni che questo avviene. E' un momento epocale, che lascerà conseguenze e cambiamenti nel nostro modo di vivere. Celebrare il 25 Aprile diventa per questo ancora più importante: fare memoria, richiamare valori che se saranno sempre più presenti nel nostro modo di essere e vivere la società, ci aiuterà ad affrontare meglio i cambiamenti. E se è vero che proprio in questo momento dobbiamo avere la forza di guardare lontano, di immaginare un futuro diverso, allora non c'è cosa migliore, capace di darci forza e speranza, che rifarci all'esempio che tanti uomini e donne hanno lasciato alla nostra capacità di ricordare. Farlo vuol dire soprattutto saper trarre da loro lo slancio ed il coraggio per governare il cambiamento che oggi si impone, vuol dire capire meglio il valore della persona umana, in tutte le sue espressioni, il valore del dialogo indipendentemente dalle condizioni sociali, culturali e di provenienza, il valore del rispetto dell'ambiente urbano e naturale. Per questo, volendo testimoniare l'impegno di Bollengo per la memoria e per il futuro, quest'anno il mio ricordo non vuole essere un riferimento generalizzato, ma il richiamo a figure ben precise, che siano un riferimento concreto per chi le ha conosciute. Negli ultimi mesi se ne sono andate due figure canavesane che hanno dato un importante contributo all'antifascismo: Giovanni Novo “Nino” e Riccardo Ravera Chion “Terribile”. Ho avuto il piacere di conoscerli entrambi da vicino. “Terribile” sempre presente ad ogni manifestazione, disponibile agli incontri con i giovani delle scuole, lui che era stato uno dei più giovani ad aderire alla lotta partigiana. Carattere gioviale, irruente e coraggioso ancora in tarda età, figuriamoci come poteva essere da ragazzo: non a caso il suo nome di battaglia era “Terribile”! Giovanni Novo, “Nino”, giovane delle Langhe, partecipò alla presa di Alba e alla creazione della Repubblica partigiana, un episodio famoso, narrato anche da Beppe Fenoglio in uno dei suoi racconti. Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo bene per la comune militanza nel Partito Socialista, lui sindacalista, io giovane amministratore. Da lui ho tratto un insegnamento costante. I valori che lo avevano spinto alla lotta partigiana erano un riferimento cui non veniva meno e, per noi giovani, scuola di pensiero. E come non ricordare Ernestina Bertolè e Amos Messori, anche loro maestri di vita. Con loro, lasciatemi ricordare la figura di un caduto che è stata uno dei miei miti fin da ragazzino: Angelo Ricca, “Stella”. Sono cresciuto sentendone parlare in casa, in paese: in quegli anni di ancor fresca memoria, si poteva sentire parlare di lui sportivo o Partigiano in diverse occasioni. Oggi il suo nome indica la strada principale del paese, ma sono ormai una minoranza a Bollengo quanti sanno chi fu Angelo Ricca. Ci sono altre strade a Bollengo intitolate alle vittime dei fascisti: le vie Giovanni Cossavella, “Ivan”, martire a Biella dopo il rientro dalla campagna di Russia; Pietro Cossavella, Giuseppe Ceresa Rossetto, Giovanni Gaida. Ci sono altre vittime come Michele Bond o Deodato Haidukowschy “Ucraino”. Ma se chiedessimo ai nostri giovani, ma anche alla popolazione meno giovane, chi sono stati, ben pochi saprebbero rispondere. Una delle azioni che dovremmo sempre più insistentemente attivare è proprio quella della conoscenza. Per questo Bollengo aderirà, alla prima riunione del Consiglio comunale, alla “Rete dei Comuni per la memoria, contro l'odio ed il razzismo”, per coltivare la memoria e diffonderne i valori, per promuovere e condividere valori e regole di cittadinanza. Vogliamo farlo per parlare ai giovani e non solo a loro. Oggi sempre più frequentemente sentiamo inneggiare a modelli del passato fascista, che sembrano, anche attraverso i social, tornare ad essere modello di riferimento. Diceva un altro amico come Italo Tibaldi, reduce dai campi di concentramento: “non è la mia storia che conta, ma la testimonianze documentate , vive, perchè la memoria tende a svanire e tutto rischia di confondersi nelle brume di qualche revisionismo”. Ecco, noi dobbiamo ridare voce alle storie che sentivamo raccontare da giovani da persone che nel mio caso si chiamavano Renzo Appice, Ivo Grange, Walter Cossu, Mariuccia Cossavella, Irene Meotto Marchetto, Trombini, Giuseppe Marchetto, Nina e Maria Cossavella, Nerino Gaglione, Giovanni Stratta, Balestra, voci che ci hanno lasciato un insegnamento ed un segno indelebile. Dobbiamo saper riproporre quelle storie ed i valori che le hanno ispirate ai giovani di oggi, per far crescere una coscienza civile per i problemi dell'oggi e del futuro, parlare a loro dell'avvenire e strapparli all'indifferenza. “La miseria degli altri busserà rabbiosa alla nostra porta”, disse Sandro Pertini con visione profetica. La globalizzazione, la concorrenza sfrenata, la necessità di disegnare il futuro dei giovani ci impongono di scegliere con lucidità e responsabilità che cosa vogliamo veramente per Loro: una società solidale, accogliente, disposta ad essere un po' meno ricca per amore della giustizia planetaria, oppure una società egoista, sempre più armata, pronta a difendere solo il proprio potere ed i proprii privilegi? Dobbiamo trovare la tensione morale e la capacità politica di dare risposte, per far crescere la consapevolezza delle scelte da fare, assicurando loro dignità, lavoro, sicurezza, offrendo l'opportunità di contribuire al progresso di tutto il paese, strappandoli alla trappola dello sconforto e dell'indifferenza. Se sapremo cogliere lo spirito più profondo, più vitale della Resistenza, si potrà riconoscere come essa sia il riferimento cui continuare a guardare contro ogni nostalgia e forma di degenerazione che cerchi di rafforzare nella società nuovi egoismi che rendono più forti i forti ed i deboli più deboli, mettendo in discussione i valori ed i principi della Costituzione. Luigi Sergio Ricca
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