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18 Ottobre 2025 - 10:06
È iniziata Ti chiamo per nome, la maratona civile organizzata dal Presidio per la Pace: dieci ore di lettura ininterrotta per ricordare, uno per uno, i 12.227 bambini uccisi tra Gaza e Israele dal 7 ottobre 2023 al 15 luglio 2025. Dodicimila piccoli universi cancellati, oggi restituiti alla voce, al respiro, alla memoria.
In piazza Ottinetti, fino alle 19, si alterneranno studenti, insegnanti, attivisti, cittadini comuni. Nessuno slogan, nessuna bandiera, nessun applauso. Solo le parole, nude, scandite lentamente, come un rosario laico recitato per l’umanità perduta. Ogni nome è una ferita che si riapre e insieme una promessa di non dimenticare. Ci sarà chi leggerà con la voce rotta, chi con gli occhi bassi, chi si fermerà a piangere a metà parola. E attorno, il silenzio di Ivrea che ascolta, che sceglie ancora una volta di stare dalla parte della vita, dell’empatia, della memoria.
Il Presidio per la Pace arriva così al suo 190° appuntamento, e mai come oggi la parola presidio sembra tornare al suo significato più profondo: un luogo che resiste. Contro l’indifferenza, contro il rumore delle guerre, contro l’oblio che tutto cancella. Perché chiamare per nome, qui, oggi, è un atto di resistenza. È dire “tu esisti”, anche se non più. È impedire che quei bambini vengano uccisi una seconda volta, dal silenzio del mondo.
Le fonti dei nomi vengono dai registri ospedalieri, dagli obitori, dalle testimonianze dei familiari, dalle poche cronache rimaste possibili. Molti non sono ancora noti. Ma ogni nome pronunciato è una piccola vittoria contro la disumanizzazione, un granello di verità salvato dal fango della guerra.
Durante la maratona, i volontari raccolgono fondi per Emergency, destinati alla costruzione e alla gestione di una clinica nell’area di al-Qarara, a Gaza. Un modo per trasformare la commozione in azione, la rabbia in cura.
A Ivrea, ancora una volta, la comunità sceglie la strada più difficile: non quella delle parole gridate, ma quella delle parole dette sottovoce. In un mondo che urla, oggi in piazza Ottinetti si ascolta. Si ascolta il dolore del mondo. Si ascoltano nomi che non dovrebbero più esserci, eppure ci sono. Vivi, almeno per un istante, nel ricordo di chi li chiama.
Ti chiamo per nome non è solo un titolo, ma una dichiarazione d’amore e di responsabilità. Finché qualcuno li nomina, quei bambini non sono perduti davvero. Rimane la voce. La voce che chiama, e non smette di chiamare. Perché la pace, quella vera, comincia sempre da qui: da una piazza, da un nome, da un respiro che torna a farsi umano.
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