Esistono dei documenti, redatti nei secoli X, XI e XII, comprovanti una località scomparsa il cui agglomerato comprendeva il Castello, la Chiesa ed un agglomerato abitativo abbastanza ampio. Tale luogo si trovava sui colli dell’attuale San Sebastiano Po, e nonostante l’antica l’origine, forse risalente all’epoca Romana, fu completamente dimenticata e si perdette anche la memoria del sito, tanto che autorevoli storici incorsero in parecchi errori prima che il paziente ricercatore Vincenzo Druetti, nel 1914, riuscì, con matematica certezza a rintracciarne l’antica ubicazione, tracciandone anche i confini con indagini precise ed intelligenti, mettendo alla luce l’antica “Villa”, anche se le sue principali vicende rimangono, per lo più, avvolte nel mistero e colme di avvenimenti tuttora sconosciuti. Il suo nome era “Radicata” e i suoi confini abitativi si trovavano tra il torrente “Leona”, Moriondo e Colombaro. Sul Colle di San Michele vi era la Chiesa e sui colli dell’attuale Regione Reale, il Castello. La sua importanza si può determinare anche dal fatto che possedeva un Porto sul fiume Po, con diritto di transito e pedaggio. Il prete di Radicata nell’ottobre 916 si chiamava Vitale e permutava beni con il vescovo di Asti Audace, mentre nel marzo del 942 interviene “Petrus fjljus quondam Petrj de Radjgata” come testimone riguardante una vendita di un campo di un contadino chiamato Gisalperto. Due atti di permuta, datati luglio 943 e dicembre 950 ci tramandano l’estimo e le l’enumerazione di campi, prati e vigne poste “in villa et feudum Radigada”, sempre del vescovo d’Asti (ma in questo caso si tratta di Bruningo), con un certo abitante di Radicata chiamato Cunemondo e nel secondo caso con tale Eremberto. Con le stesse modalità ne ritroviamo altri due, datati marzo 953 e febbraio 956. Queste sono prove documentarie incontrovertibili rispetto ai soliti elenchi dei Diplomi Imperiali di Ottone III e di Corrado il Salico, su cui rimangono e rimarranno sempre forti dubbi sulla loro reale autenticità o perlomeno riguardo posteriori aggiunte e maneggiamenti.
Nel secolo XIII, precisamente il 7 luglio 1292, un’altra inconfutabile carta contiene un riferimento in cui Radicata viene nominata durante una importante questione, che non solo conferma la sua esistenza, ma soprattutto la sua importanza. Si tratta di una tregua conclusasi nella Chiesa di San Mauro tra i rappresentanti del Marchese Giovanni di Monferrato e quelli del Conte Amedeo V di Savoia. Radicata, in questo documento, non viene più indicata solamente con il semplice nome di “Villa”, come nominata nelle altre carte, bensì come tutta una regione o distretto intero, vale a dire il territorio soggetto ai Conti di Radicata. Da questo presupposto si potrebbe addirittura argomentare come questo luogo possa aver determinato l’origine dei Conti Radicati e il loro duraturo dominio, estesosi successivamente con la creazione del “Contado” di Cocconato e i terzieri di Brozolo, Robella e Casalborgone. Fedeli al nuovo regno Longobardo, discesero probabilmente dalla Francia al seguito di Carlo Magno, il quale aveva l’abitudine di ricompensare con cospicui feudi coloro che gli erano stati fedeli in politica ed in battaglia. In seguito la loro stirpe seppe governare con astuzia ed estrema abilità per molti secoli a venire e che risulteranno fondamentali per l’esistenza e la scomparsa di Radicata se pensiamo che già nel 1178 risulta una vendita fatta dal Conte Giovanni di Radicata, figlio di Ardizzone, fatta alla Chiesa di Santa Maria di Vezzolano, di quanto dai Signori di Radicata teneva un certo Guido Pogliano.
Ma perché, ad un certo punto, Radicata fu addirittura completamente dimenticata tanto che si perse lentamente nel tempo addirittura la sua ubicazione e che solamente le insistenti ricerche e la sagacia di Vincenzo Druetti riuscirono a stabilirne l’originale chiarezza storica ricostruendo purtroppo solo approssimativamente le sue vicende attraverso i ritrovamenti cartacei? Una decisiva prova riuscirà a risolvere non soltanto il problema topografico ma anche quello relativo alle ricerche delle poco note vicende del feudo di Radicata. Questo documento consisteva in una convenzione datata 31 gennaio 1305 tra il Comune di Chivasso e il Marchese di Saluzzo che Vincenzo Druetti collegò, nel 1904, ad una sentenza arbitrale datata 6 luglio 1278 ritrovata nell’Archivio Capitolare di Chivasso. L’incartamento, riguardava una grande sentenza feudale vertente tra il Comune di Chivasso, Signore del feudo di Radicata da una parte, ed i suoi vassalli Giacomo e Giordano di San Sebastiano Po, dall’altra. Gli arbitri nominati dalle parti erano quattro tra i migliori giudici e più eminenti personaggi di quel tempo: Federico di Ponzone, Maredonno del Solero, Giacomo Fantino e Giacomo Baluffo. Il Sindaco Riccobono, procuratore del Comune di Chivasso, sosteneva che i predetti Signori di San Sebastiano, erano in possesso di alcune terre e di alcuni diritti posti nel territorio e nel Comitato di Radicata spettante al Comune, il quale li aveva concessi in feudo ai Conti di Radicata Giovanni e Ardizzone e che questi conti, o i loro discendenti, avevano venduto come cosa propria, ad insaputa e contro la volontà del Comune di Chivasso ai prenominati Signori Giacomo e Giordano di San Sebastiano Po. Si intimava quindi la restituzione di tutto quanto era dai predetti Signori indebitamente posseduto “terre, possessiones et iura” con le spese e con i danni.
La soluzione della scomparsa di Radicata si trova nel volume di Benedetto Siccardi che nel 1525, su ordine del Comune di Chivasso, compilerà gli statuti in un volume intitolato “Ius Municipale Clavassiensum”. Il Siccardi ricorda con chiarezza nei suoi scritti la sanzione per Radicata nel caso di violazione dei diritti di esenzione spettante agli abitanti di Chivasso. Si può dunque ritenere che la distruzione di Radicata sia avvenuta per questa disputa legale conclusasi con la distruzione del Castello avvenuta ad opera dei Chivassesi e che non ne rimase che una nuda torre fatta in seguito demolire dal Conte Novarina nel 1780 ed alcuni ruderi ancora esistenti e da me fotografati (vedi foto). Questo appezzamento di terra passò nel 1872, per atto di compravendita, dai Signori di San Sebastiano ad Enrico Ortalda, segretario comunale del paese. Possiamo così stabilire con precisione che l’antico Castello di Radicata si trovava nell’attuale Regione Reale e che corrispondeva in tutto o in parte al territorio di Radicata stesso. Rimarrebbe solamente da identificare il luogo preciso dove sorgeva la Chiesa di Radicata ed è certamente da ricercarsi nelle vicinanze del Castello, sui colli della Regione Reale. Questo luogo non è altro che il Colle di San Michele, dove nel 1914 sorgeva la villa di Giovanni Capella tuttora esistente. In questo podere furono ritrovati, durante la sua costruzione, molti teschi ed altre ossa che si possono far risalire quasi certamente al luogo dove sorgeva l’antico cimitero di Radicata. Risolto questo enigma se ne aprirà un altro ancora più grande e di enorme interesse e fascino. Questo però lo leggeremo nel prossimo articolo.