Il vaporizzatore, a forma di pennarello, era in realtà uno ‘spinello 2.0′. Lo fumavano nei giardini della scuola, durante l’intervallo, quando “hashish e marijuana venivano sventolati come brioche”. Il paragone è della professoressa Claudia Torta, preside dell’istituto alberghiero Colombatto di Torino, che ha denunciato tutto ai Carabinieri.
All’alba di questa mattina l’inchiesta, condotta per oltre un anno in collaborazione con la procura dei minori di Torino, ha portato i militari dell’Arma a notificare sette misure cautelari. Gli indagati, in tutto, sono diciassette.
Spaccio di sostanze stupefacenti, continuato e aggravato dall’aver offerto la droga a minorenni, il reato contestato a vario titolo agli indagati. Per una ragazza sono scattati gli arresti domiciliari, due sono gli obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e altrettanti gli obblighi di dimora, mentre gli indagati a piede libero sono dieci, tra cui alcuni minorenni.
“Un’insegnante è arrivata da me e mi ha detto di avere visto un ragazzo di prima che sventolava una bustina di droga come se fosse una brioche… A quel punto ho deciso di dire basta”, ha spiegato la professoressa Torta. E’ stato allora che sono scattati i pedinamenti e le intercettazioni, anche con l’ausilio di telecamere installate nella scuola. I carabinieri hanno così appurato che la droga proveniva da Vaie, piccolo centro della Valle di Susa in provincia di Torino dove risiedono alcuni dei giovanissimi indagati. A casa di uno di loro, i carabinieri hanno trovato un armadio adibito a serra per la coltivazione della marijuana.
La droga veniva scambiata anche nella piccola stazione ferroviaria di Vaie, dove gli studenti si davano appuntamento utilizzando un linguaggio in codice. Gli inquirenti stanno ora cercando di appurare se i genitori dei ragazzi coinvolti nel giro di droga fossero al corrente del ‘vizio’ dei loro figli.
“Lo spaccio nelle scuole è un fenomeno che va fermato”, è l’appello di Annamaria Baldelli, procuratore minorile di Torino.
“Le scuole che fanno finta di nulla, ignorando il problema, sbagliano – aggiunge -: non affrontare la questione significa aggravarla ulteriormente”. Soluzioni preconfezionate non esistono, “ma se il problema viene alla luce è possibile che si impostino”. “La sfida – ha concluso – è costruire modalità di intervento personalizzate”.
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