A due mesi dalla prima manifestazione Sì Tav, Torino è tornata sabato in piazza per un flash mob a favore del collegamento ferroviario veloce con Lione che ha mobilitato ancora una volta almeno 30 mila persone. Senza bandiere di partito, come hanno chiesto le sette professioniste promotrici dell’iniziativa, e con poche fasce tricolori. Ma con un centinaio di sindaci e due governatori, quello del Piemonte Sergio Chiamparino e della Liguria Giovanni Toti. Con il candidato alla segreteria del Pd Maurizio Martina, autorevoli esponenti di Forza Italia e Fdi, e anche con la presenza della Lega, rappresentata dal suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari che ha chiarito: “La manifestazione non è contro il Governo, sono convinto che alla fine si troverà una sintesi”.
“Non mi scandalizzo – ha commentato il leader pentastellato Luigi Di Maio – per il fatto che si vada in piazza a dire che si era per il sì alla Tav. Diciamo che abbiamo fatto la campagna contro le trivelle insieme per il referendum sia noi che la Lega in tempi non sospetti. È semplicemente il fatto – ha detto – che queste sono due forze politiche che hanno convinzioni diverse, per questo quando abbiamo iniziato il percorso di Governo abbiamo chiesto un contratto, perché io sapevo che ci saremmo ritrovati in queste situazioni”.
“Il contratto – aveva spiegato poco prima in piazza Molinari, parlando con i giornalisti – serve a mitigare posizioni differenti, a trovare un compromesso. Credo che in questi sei mesi, per quanto nessuno desse un euro alla durata di questo Governo, si è lavorato molto bene. Come si è trovato un compromesso su altri temi, credo che alla fine lo troveremo anche sulla Tav, come su Terzo Valico, Pedemontana e Tap”.
Ma se il ministro del Lavoro evita di essere tranchant, e il capogruppo del Carroccio rispolvera la Lega di lotta e di Governo, non fa altrettanto Alessandro Di Battista, che chiude l’argomento con un lapidario: “la Tav non si deve fare e non si farà”. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli avverte poi in serata: “noi, come Governo, dobbiamo stare attenti ai numeri perché quell’opera dovrebbero pagarla in 60 milioni, Lampedusa compresa: sono benvenute tutte le manifestazioni civili e democratiche, il Governo ha però il dovere di usare al meglio i soldi di tutti gli italiani”.
Il tema, è evidente, divide gli alleati di Governo, isola il Movimento 5 Stelle, e salda invece un fronte che va dal Pd a Forza Italia, Lega e Fdi. Prima della messa in forse dell’opera, la Torino-Lione era un argomento da addetti ai lavori che non scaldava troppo gli animi dei cittadini, almeno di quelli a favore. Oggi le cose stanno cambiando e, con le elezioni regionali alle porte, le forze di centrosinistra e di centrodestra sono arrivate a trovarsi in piazza insieme pur di far sapere chiaramente alla “maggioranza silenziosa che vuole l’opera” da quale parte sono schierate.
Per il Pd Chiamparino, grande sostenitore della Torino-Lione, “la massiccia partecipazione alla manifestazione conferma come sia forte nella società la convinzione che ci sia bisogno della Tav: ora tocca al Governo decidere, la Lega che ha partecipato al flash mob con illustri esponenti ed è forza centrale di Governo si assuma la responsabilità di far decidere in fretta”.
Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd, in proposito rincara: “non funziona stare in piazza mezz’ora e poi andare al Governo e bloccare l’opera, se si è qui ora per il sì, allora poi si è anche per il sì lunedì a Palazzo Chigi”.
Per l’azzurro Toti invece, “oggi la Lega dà un segnale e Matteo Salvini ha messo le cose in chiaro: non è ipocrita che il Carroccio manifesti a Torino, la modernizzazione del Paese è nel dna del centrodestra”.
Il coordinatore nazionale Fdi, Guido Crosetto, attacca duramente gli oppositori dell’opera: “L’Italia – dichiara – non può affidare il proprio futuro a pavidi mediocri, perché la storia viene scritta dal coraggio e dalla capacità di guardare in faccia il futuro”.
‘Madamin’, ‘flash mob e c’è già odore di referendum
Lo slogan non lascia dubbi di interpretazione: “Sì Tav subito”. A scandirlo in piazza Castello, il salotto buono di Torino, oltre 30 mila persone vestite d’arancione, il colore della manifestazione che ha unito imprenditori, associazioni di categoria, sindacati e partiti.
Tanti partiti, dal Pd alla Lega, passando per Forza Italia e Fratelli d’Italia. Divisi su (quasi) tutto ma non sul supertreno, per loro simbolo di sviluppo e di futuro. A vincere al ritmo di ‘We Will Roch You’, dei Queen, non è però la politica ma la società civile, che per la seconda volta in due mesi genera un’onda capace di agitare i già difficili equilibri di governo.
Di fronte a Palazzo Madama, primo Senato dell’Italia unita, la vera protagonista è l’energia spontanea dei comitati. Quello delle ‘madamin’, le ‘signore’ in piemontese, che hanno saputo farsi interpreti del popolo del sì. E quello di Mino Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti che ha messo da parte le velleità politiche – almeno per il momento – per sostenere la realizzazione della Torino-Lione con una petizione che ha raccolto oltre 108mila firme. E con una manifestazione senza simboli e bandiere che non fossero quelle dell’Europa e dell’Italia.
“Ci fa piacere che molte forze politiche abbiano deciso di aderire, Lega inclusa. Noi però abbiamo chiesto che non ci fossero bandiere perché la Tav è un’opera di tutti”, sostengono Patrizia Ghiazza e Roberta Castellina, due delle ‘madamin’, l’adesivo di Sì, Torino va avanti – la loro associazione – puntata sul petto.
“Da questa piazza è arrivata un messaggio molto bello e positivo – dicono -: se due mesi fa è stato detto un grande Sì, anche ad altri tempi per lo sviluppo del futuro della città, oggi è stato il seguito. E se il seguito è stato così numeroso, importante e vicino ai cittadini, allora è vero che questa manifestazione è stata ancora più importante di quella precedente”. Tanto da far passare in secondo piano, a loro dire, l’ipotesi referendum avanzata dal governatore Sergio Chiamparino, pure lui in piazza, che tanto piace al leader leghista Matteo Salvini per mettere nell’angolo il no dell’alleato Cinque Stelle. “Questa piazza – sostengono – è già un referendum”.
A fine mese, quando l’analisi costi-benefici sarà completa, si saprà se l’onda lunga del popolo del sì ha avuto effetto sulle decisioni del governo. “L’esecutivo dovrà assolutamente tenerne conto”, sostiene Giachino, secondo cui “la scelta di fare una manifestazione apartitica” ha avuto paradossalmente un “grande successo”. Quello di far scendere in campo la società civile, che vuole dire la propria sul suo futuro, senza ricorrere alla politica.
Se la mamma di Salvini avesse preso la pillola
Sulla Torino-Lione il governo è da sempre diviso e nonostante le affermazioni in pubblico suonino come rassicuranti, fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio le distanze restano intatte.
La soluzione resta però difficile da immaginare, perché se è vero che la Lega apre all’ipotesi di una revisione del progetto non è detto che questo sia sufficiente ai vertici 5S per dare il via libera a un’opera che la base contesta da sempre e che oggi torna a bocciare anche il padre del Movimento. Con un post Beppe Grillo ricorda in modo netto gli impegni presi, scomodando addirittura Alfieri: “Volli, sempre volli – scrive su Fb – fortissimamente volli. NOTAV”. Un nervosismo testimoniato anche da un passaggio dedicato dal comico genovese, seppure in una cornice teatrale, al vicepremier Salvini: “un foruncolo sul progresso…la sua mamma – dice Grillo – avrebbe fatto meglio a prendere la pillola”. Tornando al Tav, un’altra opzione che sarebbe stata presa in considerazione per dribblare lo scontro dentro l’Esecutivo sarebbe quella di rinviare qualsiasi decisione a dopo le europee; un temporeggiare eccessivo potrebbe incontrare però le ostilità della Francia e rischiare ritorsioni su altri fronti come quello di Fincantieri-Stx.