In risposta a una lettera di un lavoratore dello stabilimento di Verres (Paolo Tillier) pubblicata su AostaSera.it, in cui si accusa la dirigenza Lavazza di aver “rovinato delle famiglie” nonostante l’azienda non sia in crisi e lo stabilimento sia produttivo, e in cui si lamenta il fatto di essere stati informati dagli stessi sindacati di essere diventati un “ramo secco” dell’azienda semplicemente perché così è stato deciso dall’alto. “Almeno i dirigenti potranno dire di aver fatto un altro taglio, e il loro premio aumenterà”.
Gentile lavoratore Lavazza,
mi permetto di scrivere anch’io in qualità di operatore sindacale che si occupa della Lavazza, stabilimento di Settimo, e degli uffici di Torino.
Porto le mie considerazioni:
1) come è risaputo il gruppo Lavazza con il bilancio 2014 ha certificato un utile netto di 100 milioni di euro. Questo risultato è stato possibile con la cosiddetta vecchia struttura industriale, ossia due stabilimenti di Settimo e Verres che producevano “pacchetti” e Gattinara che produceva cialde.
Nel 2011-2012 nello stabilimento di Gattinara venivano richiesti periodi di cassa integrazione perché a dire della direzione aziendale le cialde non riuscivano a sfondare sul mercato.
Questo a conferma che il prodotto che andava per la maggiore era il mercato del consumo del caffè cossidetto “Rosten GROUND” (pacchetti).
Gli stabilimenti agivano in modo specializzato, cioè pacchetti a Verres e Settimo e cialde prodotte a Gattinara.
L’anno 2012, anno della “svolta”, arriva un direttore nuovo. Incomincia con il non fare l’accordo integrativo a Settimo, e si chiude per la prima volta con un accordo “ponte”. L’anno successivo si pratica una politica per mettere in competizione gli stabilimenti e i lavoratori di Settimo con quelli di Verres e Gattinara. Quelli di Settimo erano quelli che non volevano il bene dell’azienda perché erano protetti da troppi accordi sindacali mentre gli altri erano tutti buoni e collaborativi. L’azienda ichiarava che bisognasse procedere ai cosiddetti “poli funzionali” cioè fare le linee per produrre pacchetti a Gattinara, dove si producevano solo cialde, e produrre le cialde a Settimo.
Era chiaro che in queste affermazioni non c’era spazio per lo stabilimento di Verres. Andarono avanti nel loro disegno, disdissero gli accordi a Settimo, montarono le linee a Gattinara e iniziarono lo smantellamento dello stabilimento di Settimo.
Oggi ci sono 50 persone andate in mobilità, cassa integrazione a iosa e lo stabilimento di Settimo in piena fase di ristrutturazione. La direzione dice che tutto sarà finito entro aprile. Può darsi, speriamo. Allo stato attuale l’unica cosa certa è che sono stati spesi 20 milioni di investimenti per avere uno stabilimento con 70 persone in meno e ad oggi poco produttivo, oltre all’annuncio che per il 2016 toccherà allo stabilimento di Verres ad essere chiuso, con ulteriori 60 lavoratori a spasso.
Bisogna comunque aspettare la fine del 2016 per sapere se non ci saranno altri tagli, magari in fase di ristrutturazione degli uffici. Senza contare tutti i servizi chiusi in Italia.
Gentile lavoratore, lei fa un’affermazione importante. I manager potranno vantare altri tagli, e i loro premi aumenteranno. Purtroppo quello che lei afferma è la pura verità.
C’è da chiedersi, però, che razza di manager sono? A tagliare e a distruggere sono buoni tutti. L’unica cosa certa che sappiamo è che le dirigenze precedenti, a questi signori, avevano portato la Lavazza agli onori del mondo, con politiche industriali espansive che hanno dato risultati nei corso dei 120 anni, cioè da quando è stata fondata l’azienda.
Questi signori, l’unica politica di cui sono capaci è quella dei tagli.
Dovranno ancora dimostrare che questa loro filosofia funzionerà, nella sua complessità. Per paradosso siamo costretti a pregare che funzioni, cosa però improbabile, per il mese di aprile. Visto che il direttore di stabilimento si è dimesso (ufficialmente perché ha trovato di meglio, il dubbio è che forse ha capito prima degli altri che ad aprile non è possibile che si concluda una ristrutturazione), magari ha dato l’alibi a dirigenti di dire che l’operazione non si concluderà perché il direttore si è dimesso.
Perché com’è costume di questi dirigenti, prima la colpa era degli operai di Settimo, perché protetti dai troppi accordi sindacali. Dopo gli operai, hanno vessato i capi, dicendo che sono incapaci. Poi, hanno addossato le responsabilità sui dirigenti inferiori: “Non hanno rispettato le consegne”.
C’è da pensare che forse la colpa è di chi ha avuto queste idee malsane per il bene dell’azienda.
Perché se per caso non dovessero funzionare, avremmo dissipato un patrimonio di professionalità, avremmo azienda scassata con notevole aumento dei costi, ed i dirigenti colpevole saranno liquidati a fior di milioni di euro liberi di andare a rovinare altre aziende e altre famiglie.
Antonio Serlenga,
operatore sindacale per la FAI-CISL di TORINO.