L’Anac fissa dei paletti rispetto al processo di privatizzazione del consorzio Csi Piemonte, indicando che se si concluderà l’iter per la cessione di un ramo d’azienda, il Consorzio non potrà più ottenere affidamenti in house. Csi progetta, realizza e gestisce il servizio informatico e di elaborazione dati regionale e degli enti pubblici consorziati. A ricorrere all’Autorità nazionale anticorruzione è stato il Comune di Torino, attraverso il sindaco Chiara Appendino. Da lei è partita la richiesta di un parere tecnico-giuridico per capire se al termine della procedura con cui Csi intende trasferire a un privato un ramo d’azienda, e con esso la parte più consistente della propria attività, il Comune potrà ancora dare affidamenti diretti al consorzio. E la risposta, come spiega la delibera 138 dell’Anac, pubblicata on line sul sito dell’Authority, è stata negativa, perché si violerebbe la concorrenza e si snaturerebbe l’istituto dell’in house.
Csi è una struttura consortile pubblica a cui aderiscono 127 amministrazioni e tra queste Regione, Comune e Provincia di Torino, Università, Politecnico.
Nel 2016 il fatturato è stato di 120 milioni di euro, 19 dei quali relativi a commesse da parte della città di Torino. A favore dei vari enti, il Consorzio opera da anni a supporto dell’innovazione tecnologica e informatica, promuove forme di interconnessione tra enti e standardizzazione delle procedute e rappresenta un polo tecnico-organizzativo che opera a supporto degli enti pubblici. Proprio per questa sua funzione riceve degli stessi enti affidamenti in house, ossia affidamenti diretti in deroga agli obblighi di gara. Ma se il soggetto che fornisce i servizi si privatizza, come in parte intende fare Csi, la situazione cambia completamente.
Il 30 luglio 2015 il consorzio ha bandito una procedura di ‘dialogo competitivo’ con lo scopo di cedere al vincitore un ramo d’azienda con relativi contratti. Al termine dell’iter, rimarrà in piedi il consorzio pubblico, ma sarà scorporata e acquisita da un privato una fetta importante dell’attività, stimata circa 80 milioni, col trasferimento di 850 dipendenti.
Inoltre si ipotizza un contratto tra Csi e il soggetto privato di 5+2 anni del valore presunto di 400mila euro. In questo quadro, segnala l’Anac, vengono a cadere i presupposti per l’affidamento in house, ossia la totale proprietà pubblica, il controllo da parte dell’amministrazione analogo a quello esercitato sui propri servizi, lo svolgimento della parte più importante della propria attività in favore degli enti che lo controllano.