Claudio Danzero ha presentato il suo ultimo romanzo a Pont nel pomeriggio di sabato 27 febbraio. Si tratta di un giallo, “Il Mistero di Monte Navale”, ambientato nei primi Anni Sessanta fra Torino, Ivrea e Pont, che è anche la ricostruzione di un’epoca storica particolare nella storia italiana e piemontese: l’epoca del passaggio da una società povera a quella del Benessere. Quel momento particolare, ben descritto nel romanzo, è stato un po’ il motivo conduttore della presentazione. Gli interventi dell’autore e la lettura di brani del romanzo – ad opera della sempre brava Daniela Colombatto dell’associazione “Tellanda” – è stata accompagnata dalla proiezione di immagini di quei tempi, che ben sintetizzano quello che viene comunemente definito “lo spirito di un’epoca”. Ecco sfilare le auto alla moda, come la fiammante “Giulietta” prediletta dai giovani danarosi, che si pavoneggiavano con successo davanti alle ragazze; ecco gli edifici innovativi della “Olivetti” di Ivrea; ecco anche luoghi oggi impensabili ma allora importanti come il Posto Telefonico Pubblico di Pont; ecco l’Istituto “Avogadro” di Torino, dove l’autore ha studiato e che in quegli anni veniva preso letteralmente d’assalto dagli studenti. “Si cominciava a capire il valore dell’istruzione e non ci si accontentava più dell’Avviamento Professionale. Si mandavano i figli alle Medie, dove vennero introdotti i doppi turni per mancanza di aule, e poi negli Istituti Tecnici (le ragazze alle Scuole di Stenodattilografia), con la certezza che avrebbero trovato un lavoro adeguato agli studi effettuati”.
A Torino evolveva in fretta la società, meno il mondo delle fabbriche, ancora legato ai vecchi modelli: ambienti inaccoglienti, disciplina quasi militaresca, rigide divisioni gerarchiche. Ad Ivrea si evolvevano la società e la fabbrica: l’Olivetti era all’avanguardia nella ricerca di soluzioni innovative. A Pont, paesone di provincia in crisi industriale, i segni del cambiamento erano meno vistosi ma chiari. Fa sorridere il racconto della “rivoluzione” rappresentata dall’apertura della Cremeria di Via Roscio. Fino a quel momento il locale più elegante era stato il Caffè Varello (sede altresì del Centralino): “caffè” e non “osteria” ma pur sempre frequentato e gestito da uomini (“La signora Varello se ne stava in cucina e non si faceva vedere quasi mai”). Ai tavolini della Cremeria,. invece, per la prima volta sedevano anche signori e signorine….
E’ in quel mondo in trasformazione che si dipanano le vicende del romanzo e che avviene il delitto.