Mi è stato chiesto: “Renato, perché ritorni spesso sul tema delle infiltrazioni mafiose sul nostro territorio?”
Ecco la mia risposta: sono molto preoccupato su ciò che sta avvenendo a ‘casa nostra’ e poi perché da quel 2011 – anno dalla maxi-inchiesta “Minotauro” che ha svelato il potere dell’ ‘Ndrangheta anche nella nostra Città e nel Chivassese, si sono susseguite innumerevoli inchieste sulle infiltrazioni e il radicamento della stessa organizzazione criminale in Piemonte , in cui sono venute alla luce rapporti con il mondo politico ed economico. Una di queste esattamente un anno fa, il 7 maggio 2021, l’Ordinanza del Tribunale di Torino definita “Platinum -Dia” che ci ha fatto ripiombare indietro.
Fino a 11 anni fa, la presenza della ‘Ndrangheta nella nostra Chivasso era considerata non possibile, quasi mitologica, proprio come quella figura a guardia del labirinto nell’isola di Creta: il Minotauro. Un mostro da cui prese il nome la maxi operazione partita dalla Procura di Torino. L’inchiesta “MINOTAURO” ha permesso di svelare l’estensione territoriale della ‘Ndrangheta nella nostra Regione, con otto clan attivi su Torino e sei paesi dell’hinterland: Cuorgnè, Rivoli, Moncalieri, San Giusto, Volpiano e Chivasso. Un circuito di infiltrazioni ignorati dalla politica e, per ciò stesso, favorito.
Giancarlo Caselli, allora Procuratore della Repubblica di Torino, durante una requisitoria del processo di primo grado aveva sostenuto “la scarsissima sensibilità verso un’emergenza che ha talmente attecchito da non poter neppure essere considerata un’emergenza”, puntando il dito contro “un certo distacco snobistico del nord”.
“Oltre alla diffusione più capillare sul territorio, l’inchiesta Minotauro ha mostrato l’esistenza di un’estesa area grigia in cui si configurano rapporti di riconoscimento e scambio tra sfera criminale-mafiosa e sfera formalmente lecita dell’economia e della politica. Da questo punto di vista, emerge in modo più chiaro come i mafiosi riescano a infiltrarsi nell’economia locale di piccoli-medi centri della provincia e dell’hinterland di Torino, alterando l’equilibrio di mercato, soprattutto di settori debolmente regolati e a condizionare le consultazioni elettorali”.
“Gli ‘ndranghetisti mostrano di essere stabilmente inseriti in ampie reti collusive, vale a dire in rapporti di scambio con le sfere formalmente legali dell’economia e della politica locale, al punto di dismettere sovente le condotte più predatorie per allacciare invece relazioni di vantaggio reciproco con soggetti locali non mafiosi”.
“Gruppi mafiosi e singoli affiliati occultano molte delle loro attività, ma non vivono separati dal mondo, né si muovono nella società come alieni”.
Una mafia sempre più liquida che con il controllo del territorio e la propria pervasività è diventata una sorta di “‘Ndrangheta del quotidiano” con cui “convivere”, così come confermato da recenti inchieste, dalle quali sono emerse “Zone Grigie” di collusioni politiche ed economiche, nelle quali i promotori sono gli stessi politici e imprenditori che cercano i servizi dell’ ‘Ndrangheta: voti, liquidità, recupero crediti, ecc… ecc…”.
Tutte note messe nero su bianco dall’ultimo rapporto semestrale inviato al Parlamento dalla DIA. Direzione Investigativa Antimafia, a proposito del nostro Piemonte!
In pubblico non se ne parla, in privato un po’ di più ma sempre con la paura che qualcuno ci stia ascoltando, tuttavia pezzi importanti dell’economia reale sta passando di mano. A Chivasso l’attivismo di certe ‘personaggi’ è frenetico: pizzerie, bar, bistrot, negozi di frutta e verdura, cambiano padrone. E ciò avviene nell’indifferenza pressoché generale, come se la cosa non ci riguardasse, ed invece ci riguarda e come!
Dov’è finito quel monitoraggio civico invocato più volte da coloro che le mafie le combattono davvero, mettendo a rischio la loro stessa vita?
Se tutto questo sta avvenendo sotto il nostro naso, noi che facciamo? Ci giriamo dall’altra parte? Facciamo come le tre scimmiette: “Non vedo, non sento, non parlo”?
Il Presidente del Consiglio dei Ministri nell’ultima Assemblea Nazionale dei Comuni d’Italia – ANCI- si è rivolto ai sindaci dicendo loro: “Voi siete i presìdi della legalità”. Purtroppo di Cittadini di Chivasso – fatta eccezione di pochi “addetti ai lavori” – ad iniziative volte a richiamare l’attenzione su quanto sta avvenendo intorno a noi, non ce ne sono molti. Ma, come ha affermato un noto giornalista chivassese in uno di questi incontri: “se i giornali locali escono con articoli che riguardano fatti di Mafia e ’Ndragheta, il giorno dopo vanno a ruba, questo sta a dimostrare che l’interesse c’è, ma nel privato, ecco perché non si espongono in pubblico e non partecipano ad iniziative come queste.”
Giovanni Falcone avvertiva che: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci assomiglia. La mafia non è un cancro proliferato per caso in un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori …che ci stanno gomito a gomito”.
“Contrapporsi alle mafie vuol dire prendere le distanze dall’intera costellazione di comportamenti collusivi, di scambio o semplice prossimità in cui le mafie sono immerse”.
Siamo proprio sicuri che nella nostra Chivasso, questa presa di distanza stia avvenendo?
Renato Cambursano