A Monteu da Po, il più piccolo centro della collina chivassese, c’è già chi grida al miracolo. Là dove la curva demografica è in costante flessione, dove i giovani se ne vanno appena raggiunta la maggiore età e dove i montuesi “storici” sono ogni anno che passa un po’ più vecchi, dallo scorso autunno è successo l’inimmaginabile.
La popolazione ha iniziato ad aumentare. E in paese, oggi, ci sono 25 residenti in più.
I nuovi montuesi hanno i nomi di Mustafà, Gora, Elash, Adam Mubarack, ecc… ecc…
Sono tutti ragazzi dai 19 ai 25 anni ed hanno tutti un passato difficile alle spalle.
Sono “migranti” o, meglio, “richiedenti asilo politico” in attesa di conoscere se le loro richieste verranno accettate o meno dal Ministero. Sono un numero, tra i tanti che sono arrivati e continuano ad arrivare nel nostro Paese dall’Africa, dal Medio Oriente, dal Sud Est Asiatico.
“Sono sbarcato a Messina un anno fa, sono del Mali e tutta la mia famiglia è scappata in Niger. Mi piacerebbe fermarmi in Italia, ma chissà…”, dice, in un italiano stentato, Mustafà.
Il suo sorriso, in paese, lo conoscono tutti.
In Municipio è di casa: “Mustafà, vuoi un caffè?”. E giù di risate.
Al bar Oasi lo incontrano quasi tutte le sere. “Nino il titolare ci ha regalato le magliette per giocare a pallone, è un amico”.
Mustafà vive con Gora, Elash, Adam Mubarack e gli altri in una casa di zona San Rocco.
E’ finito qui su indicazione della Prefettura di Torino e della sua accoglienza si sta facendo carico la comunità Siloe di Cavagnolo.
Da qualche settimana, come gli altri migranti di Monteu da Po, è diventato a tutti gli effetti un residente.
Il sindaco Laura Gastaldo, nelle more di un pronunciamento del Governo su una normativa ormai datata, e con il parere favorevole avuto dalla Prefettura di Torino, ha firmato le carte d’identità di questi 25 ragazzi che non si sa ancora se hanno diritto o meno allo status di rifiugiato politico, ma che, nel frattempo, sono diventati residenti di Monteu da Po a tutti gli effetti.
I nuovi montuesi sono originari del Mali, del Benin, del Senegal, della Guinea, del Gambia, del Pakistan.
“Qualcuno da fuori potrà anche storcere il naso alla decisione di concedere la residenza a questi ragazzi – spiega, seduta nel suo ufficio in Municipio, il sindaco Laura Gastaldo – ma noi montuesi li abbiamo accolti bene, abbiamo cercato di integrarli e loro hanno fatto di tutto per inserirsi nel migliore dei modi. C’è chi gli ha dato le magliette per giocare a pallone, chi gli porta dei dolci, chi gli ha regalato la radio. Ah, quando l’hanno vista, quella radio, si sono illuminati…”.
“Dopo qualche settimana che erano qui – continua Gastaldo – un paio di loro sono venuti in Comune e mi hanno detto: possiamo dare una mano? Ho subito pensato: eccome. Noi siamo un Comune che vive una situazione particolare: abbiamo avuto un ammanco di 300 mila euro nel bilancio, abbiamo dovuto chiedere dei sacrifici ai cittadini e rischiato di tagliare dei servizi. L’aiuto di questi ragazzi, in una realtà senza risorse persino per la pulizia dei fossi com’è la nostra, è stata una manna dal cielo…”.
“Mi sono subito attivata per capire come potevo muovermi – prosegue il sindaco -, ma quando ci siamo resi conto che avremmo dovuto sottoscrivere una convenzione con la comunità che li ha in carico e che questa avrebbe avuto dei costi per il Comune, abbiamo alzato le braccia. Eh no, noi i soldi non li abbiamo. Nemmeno per comprare un paio di guanti. Così abbiamo pensato all’opportunità di concedere loro la residenza: oggi tutti i ragazzi sono iscritti nel registro volontari del nostro Comune e possono lavorare per la collettività, in regola e con una copertura assicurativa”. Come fossero montuesi qualsiasi.
E’ così che Mustafà, Gora, Elash, Adam Mubarack e gli altri hanno sistemato e ripulito il cortile e l’orto didattico della scuola. Hanno tagliato l’erba al campo sportivo, dove vanno a giocare a pallone tutte le sere. E’ così che danno una mano al cantoniere Roberto nei lavori al cimitero, sulle strade, al parco giochi.
“Uno di loro mi sta anche aiutando a riorganizzare l’archivio comunale”, sorride il sindaco.
Aiuti così, da queste parte, non s’erano mai visti nè immaginati.
“Il fatto che abbiano la carta d’identità è poi una garanzia di controllo maggiore – aggiunge Gastaldo -. Se dovesse capitare qualcosa, almeno sappiamo chi andare a prendere e dove sta”.
Mustafà, Gora, Elash, Adam Mubarack e gli altri potrebbero non essere i soli nuovi cittadini di Monteu da Po.
Dal 18 agosto scorso, in paese, sono arrivate anche 22 ragazze e un bimbo di appena 3 mesi: 5 di loro e il bimbo sono della Somalia, le altre 16 arrivano dalla Nigeria.
Sono finite tutte in zona San Rocco: le donne somale in una casa privata, le nigeriane in un’abitazione con 3 alloggi di proprietà dello stesso Comune di Monteu da Po, che li ha messi a disposizione a fronte di un pagamento di un canone d’affitto contenuto.
Sono state destinate qui dal Centro Fenoglio della Croce Rossa di Settimo Torinese. Sono donne salvate dalla tratta delle schiave che le avrebbe portate su qualche marciapiede di qualche grande città italiana. Sono seguite dalla comunità Audere e fanno parte di un progetto di assistenza, protezione e integrazione. Si sono viste in giro solo e sempre accompagnate da un mediatore culturale.
Hanno tra i 18 e i 30 anni d’età, alle spalle un passato tremendo e un viaggio infernale fino all’Italia in balìa di aguzzini e sfruttatori.
Sperano di ripartire, proprio da Monteu da Po, questo piccolo centro che s’arrampica su per corso Industria e il rio della Valle, dove si respira già una vitalità completamente nuova…