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Roma, evidentemente, si dovranno abituare a chiamarlo “Sua Altezza Reale.”
Nato a Ribierão Preto (San Paolo, Brasile), il 3 maggio del 1971, si chiama Luis Roberto di San Martino-Lorenzato ed è un discendente – fiato alle trombe e rullo di tamburi – del leggendario Re Arduino. Sì! Proprio quello! Per la precisione e in linea di successione, il 32esimo Marchese di Ivrea, nonché 26esimo Principe del Canavese. Tra i titoli nobiliari di cui potrebbe fregiarsi – e lo fa – pure quello di “Conte di San Martino” e “Signore di Loranzè”. Insomma una celebrità. Una celebrità neo eletta deputato tra le file della Lega, nel collegio estero del Sud America con 12 mila voti tondi, tondi.
Sposato con Michelle Toscano (a sua volta Marchesa di Ivrea, Principessa del Canavese, Contessa di San Martino e Signora di Loranzè) padre di tre figlie Maria da Glória (27 luglio del 2002), Maria Gabriella Catterina (6 novembre del 2006) e Maria Giulia Valentina (21 dicembre 2009), l’altra settimana è atterrato in Italia giusto in tempo per partecipare alla riunione milanese organizzata dal Carroccio per spiegare bene ai neofiti come funziona il Parlamento italiano.
Si è presentato, ancora con le valigie in mano, ma felice come una Pasqua. “Discendo da un’antica famiglia eporediese emigrata in Sud America 120 anni fa – ha risposto ai giornalisti – E’ stato Salvini a convincermi. In passato ho sempre votato per il centrodestra, da sei mesi sono passato alla Lega…”.
Avvocato, imprenditore vinicolo, direttore di due università private, stando ad alcune agenzie stampa (Aise) avrebbe accettato la sfida organizzativa e politica di consolidare la presenza della Lega in America Latina lanciatagli da Matteo Salvini in uno dei suoi recenti viaggi.
“Sì. E’ vero! – dice – Ho un’azienda che si occupa di canna da zucchero e vino, facciamo Nebbiolo, Sangiovese, Moscato giallo. Nell’etichetta? C’è scritto Arduino…”.
Nel suo curriculum anche la conduzione di un programma televisivo chiamato “Connessione Italia” per favorire lo scambio culturale ed economico tra Italia e Brasile. Ma anche una Fondazione istituita nel 2000 su ispirazione di monsignor Antonio Domingos Lorenzato, residente a Porto Alegre, che ha tra le finalità la diffusione della lingua e della cultura italiana, i rapporti con la terra d’origine e l’aiuto alle persone bisognose.
E Luis Roberto di San Martino nelle tante sue interviste già rilasciate racconta la necessità che gli italiani in America Latina chiedano la cittadinanza italiana a testimonianza del legame storico, ma anche per far conoscere un patrimonio di uomini e donne fatto di docenti, artisti, governatori, grandi imprenditori, come Geremia Lunardelli (Treviso), divenuto in Brasile il «re del caffé», Clovis Marzola (Rovigo) illustre odontostomatologa, Candido Portinari, uno dei più grandi pittori dell’America latina.
Storia di un profugo
E sarà anche strano avere a che fare con un migrante in un partito che s’è concentrato sui profughi per tutta la campagna elettorale, ma tant’è.
Ribierão Preto, a 300 chilometri da San Paolo è una città che nel 1885, da quando cioè cominciò ad accogliere i primi emigrati della famiglia Lorenzato, era un piccolo paese di 5 mila abitanti. Oggi ne conta 600 mila ed è capoluogo di un vasto e ricco territorio del Nord Est dello Stato di San Paolo, con circa 80 comuni e 4 milioni di abitanti.
Questo è quel che Luis Roberto di San Martino-Lorenzato ha davanti agli occhi. Poi ci sono i racconti dei genitori, dei nonni e dei bisnonni. Del viaggio in nave, dei piccoli paesini, della neve e delle montagne.
Racconti e ricordi che hanno stimolato la sua ricerca genealogica partendo dai pionieri: 5 fratelli e 2 cugini. Il primo che raggiunse il Brasile nel 1885 è Benedetto Antonio, originario di Montebelluna, in provincia di Treviso, seguito alcuni mesi dopo dagli altri. Pensa che roba, fondarono una fazenda divenuta, con lo sviluppo dei Lorenzato, un comune: Dumont, popolato oggi da circa 5 mila persone, metà delle quali portano lo stesso nome o sono consanguinei.
“La differenza – dice – è che quando i miei avi sono partiti erano ‘legali’ ed avevano un lavoro, sono andati a creare sviluppo, non erano clandestini”.
Punti di vista. Resta il dilemma. E se Luis Roberto di San Martino-Lorenzato chiedesse la restituzione di tutti i beni dei suoi avi, magari cominciando proprio dai castelli?