Nei giorni successivi al terremoto ci sono state due espressioni di vicinanza alle popolazioni dei territori terremotati, da parte delle persone detenute nel carcere di Ivrea.
Coloro che vanno regolarmente in permesso, e quindi sono già per alcuni giorni fuori dal carcere e in libertà quasi totale, hanno espresso la disponibilità e la volontà di rendersi utili qualora, passata la fase più critica e “specialistica” dei soccorsi, ci fosse bisogno di lavoro volontario.
Il lavoro volontario utile per la comunità, come condizione per l’uscita in permesso dal carcere, è anche previsto da una legge di due anni fa.
Allo stesso tempo è partita una raccolta di soldi, che, forse è ancor più significativa per chi conosce la miseria economica che accompagna la detenzione della stragrande maggioranza delle persone.
“Naturalmente sono piccolissimi, simbolici segni di vicinanza che non cambiano di niente le condizioni materiali di quelle popolazioni colpite – commenta Armando Michelizza, garante dei detenuti presso la casa circondariale di Ivrea -. E’ però significativo, e forse molto comprensibile che le persone detenute, forse più di altri possano capire la paura di essere dimenticati, abbandonati; una paura che rende insopportabile la sofferenza e può togliere la speranza. Per questo il “vi pensiamo” ha un valore che non si misura in cifre”.