Pensavano di vivere in una “Piccola Svizzera”. Un gruppo di case cresciuto lentamente con il tempo, tanto verde intorno e poco traffico.
Pensavano male…
Pensavano molto male.
Come un fulmine a ciel sereno è infatti arrivato il progetto di una cava.
Una cosa grande, più grande di loro ed è finita la tranquillità.
Da mesi si incontrano. Parlano. Si sfogano. Se la prendono con il mondo e con l’amministrazione comunale.
Con Della Pepa, con l’assessore Codato e con la Chiesa.
Sono i cittadini del quartiere San Bernardo. Avevano scelto di vivere lontani dai riflettori e adesso se li ritrovano puntati addosso, sempre accesi, come dei fari, come nella più classica legge di Murphy.
In questi giorni stanno raccogliendo le firme (ne hanno già tirate su più di mille) per una petizione da presentare al sindaco, il tutto a valle di un ricorso inviato attraverso l’avvocato Mattia Crucioli di Genova (“perchè meglio non fidarsi degli avvocati di qui…”) alla Presidenza del consiglio dei ministri.
“Martedì prossimo saremo tutti davanti al Municipio a protestare – ci dice Sandro – Vogliamo vederl in faccia, questi nostri politici…”.
Una parola brutta per tutti, un unico elogio per il consigliere comunale Pierre Blasotta dei cinquestelle che abita da queste parti e che in un certo senso è più interessato degli altri.
“Gambone? Si quello lì. Gli han dato da organizzare la patronale e ora se ne sta zitto…”.
“Codato? Non sa di che cosa sta parlando. Vorrei vederla io vivere con cento camion tutti i giorni che alzano polveri davanti a casa sua..”.
Insomma un unico “grazie” ai “cinquestelle”. “Perchè ci hanno informati. Ma il ricorso lo abbiamo fatto noi, anche se dopo la riunione in molti si sono tirati indietro….”.
Il brutto di tutta questa vicenda è che a sentire loro, quelli del quartiere San Bernardo, l’Amministrazione comunale avrebbe cercato di mettere gli uni contro gli altri e forse c’è pure risucita.
Per esempio…?
“Per esempio – tuona Gianni – A quelli della Pro Loco non interessa la cava. La Cogeis metterà a posto il bocciodromo che è del Vescovo e che è pieno zeppo di eternit e loro sono contenti così. Avranno un bel locale pluriuso per fare festa. Così facendo si fa un regalo solo alla Diocesi che rimane proprietaria e tra 25 anni se lo riprende….”
E c’è Sandro, un anziano signore, che anticipa a tutti di voler bloccare la strada “quando e se” i camion dovessero cominciare a passare.
C’è Giuseppe preoccupato per le falde acquifere che passano qui sotto. E c’è Andrea che aggiunge all’inquinamento dei 100 camion al giorno previsti, quello delle micropolveri dell’amianto che si sfalda negli ex stabilimenti Olivetti.
“Moriremo tutti di tumore…” alza la voce Filippo. “Abbiamo diritto o no di respirare aria pulita…?”.
Che sembra una di quelle domanda con risposta da un milione di euro.
Da un interrogativo senza risposta ad un altro e poi ancora ad un altro, il tutto senza soluzione di continuità.
“Perchè il sindaco deve rovinarci e fare una cava in un posto tranquillo?” Già perchè?
“Il Comune non dovrebbe tutelare la salute dei suoi cittadini? Il sindaco lo sa che le nostre case perderanno tutto il loro valore? A questo ci ha pensato…?”
Boh!
E poi ancora…
“Se è vero che dopo la cava arriva una discarica di inerti, siamo sicuri che poi non diventerà una discarica per i rifiuti e basta?”
Infine la chiosa di uno che qui ci vive da 60 anni, da quando di anni ne aveva 12.
“Codato ha detto che questo è un terreno che non si può coltivare. Io l’ho sempre visto coltivato. Ci sono anche le mucche dell’agriturismo che pascolano lì…”.
E per essere precisi le mucche di un agriturismo che affitta i terreni dalla Cogeis.
La domanda la faccio io “Che ne sarà di lui?
E cala il silenzio…
L’altra bomba ecologica
Un bomba altamente pericolosa. Uno dei siti più inquinati d’Italia e con una concentrazione di polveri d’amianto mai vista prima che la Procura ha messo sotto sequestro senza pensarci due minuti di troppo. Dove si trova? Sempre nel quartiere di San Berardo! Di chi è il capannone? Una volta, fino a metà degli anni 80 c’era la Olivetti Multiservice che poi l’ha ceduto a diverse banche e oggi, in Municipio, non sanno che pesci pigliare. Occorrerebbe provvedere ad una bonifica, ma non ci sono i soldi.
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