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Home Torino e Provincia Ivrea

IVREA. Aggressione all’ospedale

Redazione di Redazione
26 Maggio 2017
in Ivrea, Lettere al direttore
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Riceviamo e pubblichiamo
Da un po’ di anni purtroppo, stanno aumentando sempre di più le segnalazioni da parte degli operatori sanitari vittime di violenza fisica e/o verbale da parte dei cittadini.
Per tale motivo il sindacato infermieristico italiano NURSIND ha deciso di intraprendere una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini per far comprendere che “l’aggressione non è la soluzione” dei problemi sistemici della sanità, problemi accentuati in questo periodo di crisi per i continui tagli alle strutture e il sotto-finanziamento del SSN.
Anche la letteratura internazionale rende evidente le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi di violenza da parte degli operatori sanitari.
Che gli infermieri fossero in prima linea nei pronto soccorso si sapeva, ma che uno studio americano dell’Emergency Nurses Association (ENA) dimostrasse che più della metà degli infermieri dei dipartimenti di emergenza sono vittime di violenza, ci deve far riflettere.
In generale, secondo una ricerca spagnola pubblicata sull’International Journal of Occupational and Environmental Health, gli eventi di violenza avvengono più
frequentemente nelle seguenti aree: servizi di emergenza-urgenza, strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, luoghi di attesa, servizi di geriatria, servizi di continuità assistenziale. In questi settori, ma in modo particolare nei servizi di emergenza-urgenza e nelle strutture psichiatriche, le aggressioni fisiche,
hanno raggiunto rispettivamente il 48 per cento e il 27 per cento degli operatori; gli insulti sono risultati invece praticamente ubiquitari, avendo coinvolto rispettivamente l’82 e il 64 per cento degli operatori, e percentuali più o meno simili si trovano per le minacce. Queste ultime sono risultate molto elevate anche nei reparti chirurgici. Gli infermieri, essendo più a contatto con i pazienti, sono i più esposti alla violenza fisica.
L’incremento degli atti di violenza è principalmente dovuto a:
• l’aumento di pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici dimessi dalle strutture ospedaliere e residenziali;
• la diffusione dell’abuso di alcol e droga;
• le lunghe attese nelle zone di emergenza o nelle aree cliniche, con possibilità di favorire nei pazienti o accompagnatori uno stato di frustrazione per l’impossibilità di ottenere subito le prestazioni richieste;
• il ridotto numero di personale durante alcuni momenti di maggiore attività (trasporto pazienti, visite, esami diagnostici);
• la presenza di un solo operatore a contatto con il paziente durante visite, esami, trattamenti o gestione dell’assistenza in luoghi dislocati sul territorio ed isolati, quali i presidi territoriali di emergenza o continuità assistenziale, in assenza di telefono o di altri mezzi di segnalazione e allarme.
• la mancanza di formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi;
• la scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle strutture
Come Sindacato respingiamo ogni tipo di aggressione nei confronti dei professionisti della salute, poiché l’aggressione stessa minaccia l’integrità fisica e/o mentale della persona lesa e influenza negativamente il funzionamento del sistema sanitario nel suo complesso. Quando un professionista viene aggredito, indirettamente vengono attaccati anche gli altri cittadini curati da lui perché viene ad infrangersi il rapporto di fiducia che deve necessariamente instaurarsi nella relazione assistenziale infermiere/cittadino.
SITUAZIONE IN ITALIA E IN PIEMONTE.
In Italia, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, in uno Studio per la predisposizione di linee guida per gli interventi di prevenzione relativi alla sicurezza e all’igiene del lavoro nelle strutture di Pronto Soccorso, tra i rischi principali (da agenti fisici, chimici, biologici, correlati a sforzi muscolari e posture incongrue) prende in considerazione anche i “rischi relativi ad aspetti di natura psico-organizzativa” (ISPESL, 2007) e il Ministero della Salute (2008) tra gli eventi sentinella prevede espressamente gli atti di “violenza ad operatore all’interno di strutture sanitarie compiuta da pazienti, da loro parenti o accompagnatori e che ha determinato un grave danno”.
A seguito della particolare rilevanza che il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario continua ad avere è stata emanata, nel novembre 2007, un’apposita Raccomandazione da parte del Ministero della Salute (“Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”) che intende incoraggiare l’analisi dei fattori di rischio per la sicurezza del personale e l’adozione di iniziative e programmi volti a prevenire gli atti di violenza e attenuarne le conseguenze negative, dall’aggressione verbale alla violenza fisica fino all’omicidio.
In Italia, attraverso un esplicito rimando all’interno dell’art. 28 del D.Lgs 81/08, ciascuna struttura sanitaria dovrebbe elaborare ed implementare un programma di prevenzione della violenza, le cui finalità sono di diffondere una politica di tolleranza zero verso atti di violenza, fisica o verbale nei servizi sanitari e assicurarsi che operatori, pazienti, visitatori siano a conoscenza di tale politica, incoraggiando il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi, facilitando il coordinamento con le Forze di Polizia o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte ad eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari.
Anche il Piemonte non è esente dal fenomeno delle aggressioni.
In particolar modo a causa del sovraffollamento dei Pronto Soccorso, negli ultimi mesi diversi sono stati gli episodi che hanno visto coinvolti gli operatori sanitari ed in primis gli infermieri, in aggressioni fisiche (Chivasso, Ciriè…..).
Come Sindacato abbiamo domandato alle varie aziende piemontesi se avessero messo in atto i programmi di prevenzione previsti e quali interventi strutturali-organizzativi fossero stati effettuati.
Le risposte ricevute sono state disomogenee e hanno mostrato quanto lavoro sia ancora indispensabile effettuare.
E la Politica in tutto ciò?
Riteniamo che la Politica possa e debba avere un ruolo importante nel ridurre questo violento fenomeno con campagne di sensibilizzazione ai cittadini ed interventi mirati a  ribadire che l’aggressione agli infermieri non è la soluzione dei mali che affliggono la sanità italiana (lunghe liste d’attesa, intasamento dei Pronto Soccorso, difficoltà di comprendere le diverse figure sanitarie, i loro ruoli e responsabilità, …).
Si deve spiegare che aggredire un infermiere significa mettere in difficoltà tutto il sistema e la garanzia della qualità dell’assistenza: gli organici già ridotti all’osso difficilmente possono reggere ulteriori assenze e l’impatto sulla motivazione lavorativa incide negativamente sulla relazione tra infermiere ed assistito.
Francesco Coppolella e Giuseppe Summa, Nursind

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Tags: direttoreIvrealettereospedalePiemonte
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