Nell’ultimo editoriale di Nicholas Bawtree su Terra Nuova l’autore, prendendo spunto dall’assurda invasione dell’Ucraina, sviluppa un interessante ragionamento su cosa voglia dire “lavorare per la pace” evidenziando di come, in fondo, un conflitto armato rispecchi e tragga nutrimento dal lato più oscuro della nostra società. Una società sempre più violenta, egoistica, individualista nella quale concetti come comunità, umanità, fratellanza, solidarietà paiono essere scomparsi dal vocabolario contemporaneo dell’homo sapiens.
Egli sostiene che: “lavorare per la pace vuol dire confrontarsi ogni giorno con quel campo minato che è la nostra dimensione collettiva per assumere il ruolo delicato e pericoloso degli artificieri: osservare e ascoltare con attenzione, dosare le parole e i gesti, se necessario scavare lentamente attorno a una situazione esplosiva e … disinnescare, passo dopo passo. Il mondo stesso è un campo minato, e la pace un’oasi che possiamo costruire insieme solo con pazienza, coraggio e una fiducia profonda nell’umanità”.
Diventa quindi importante ogni nostra azione, anche quella che riteniamo più insignificante, purché indirizzata nella giusta direzione di ascolto, comprensione, accoglienza dell’altro per trovare col dialogo una soluzione non violenta agli inevitabili problemi che la vita quotidiana ci pone.
“La guerra che vediamo oggi è solo la punta dell’iceberg di una realtà quotidiana e diffusa, che va dai conflitti armati sparsi in tutto il globo alle violenze domestiche nelle nostre case, dalla guerra dichiarata agli animali negli allevamenti intensivi alle bombe chimiche sganciate su piante che coltiviamo nei nostri campi. Ognuna di queste guerre finisce inevitabilmente di ritorcersi contro di noi”.
Se guardiamo alla guerra in quest’ottica viene facile comprendere perchè una società basata su questi presupposti e sulla ricerca ossessiva del profitto ad ogni costo, sull’indifferenza dei potenti nei confronti degli esiti nefasti delle proprie azioni, su anacronistici nazionalismi e regionalismi, su discriminazioni di ogni tipo, non sia in grado di rispondere ai problemi del mondo con un pensiero evoluto e non violento basato sul dialogo e sulla diplomazia piuttosto che sulla sopraffazione da parte del più forte.
In questi ultimi giorni in seguito alla nefasta decisione del Parlamento italiano di impegnare il Governo ad aumentare le spese militari fino all’esorbitante cifra di 38 miliardi di euro all’anno si è sviluppato un acceso dibattito nell’opinione pubblica. Da diversi sondaggi emerge che la maggioranza degli italiani non è d’accordo a questa anacronistica corsa al riarmo. Il concetto, ampiamente superato dalla storia, dell’”occhio per occhio, dente per dente”, tradotto in politichese nella teoria della deterrenza, non ha mai risolto alcun problema ed è facilmente confutabile perché è elementare che se rispondo con una bomba ad una bomba il mio nemico risponderà con due bombe e o con un ordigno più potente e così via intraprendendo un gioco al massacro, una china molto pericolosa per l’intero genere umano alla luce dell’abnorme quantità di armi, comprese quelle nucleari, depositate negli arsenali di tutto il mondo.
Tornando al legame tra i nostri comportamenti individuali e la guerra se proviamo a guardarci intorno, senza voltare la testa dall’altra parte se la questione non riguarda noi in prima persona, prenderemo coscienza del fatto che nel 2021, sono state uccise in Italia 118 donne di cui 102 uccise in ambito familiare/affettivo e di queste, 70 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner. Questo è solo uno dei fenomeni ai quali l’attuale società e la politica, che dovrebbe trovare soluzioni, non sanno dare risposta, ma ce ne sono molti altri. Sono ormai fuori controllo una moltitudine di problemi sociali che vanno dal bullismo al gioco d’azzardo; dalla mancanza di lavoro o di lavoro precario e insicuro alla cementificazione dei terreni agricoli; dalle disuguaglianze, le discriminazioni, le ingiustizie ai diritti negati alla cura, all’istruzione, all’assistenza; dalla distruzione dell’ambiente naturale all’indifferenza nei confronti del dissesto idrogeologico e dei cambiamenti climatici.
I più ottimisti pensavano che l’esperienza della pandemia avrebbe insegnato ai potenti della Terra a comprendere gli errori del passato facendo nel contempo crescere una maggior consapevolezza nell’opinione pubblica sulla necessità di un cambiamento radicale, in senso umanistico, della società. Purtroppo tutto questo non è accaduto e si è assistito ad un ulteriore accentramento del potere decisionale, fenomeno che in Italia comincia a diventare preoccupante.
Per poter ridare una speranza di futuro alle nuove generazioni dobbiamo quindi intraprendere un percorso di consapevolezza partendo dal modificare il nostro vivere quotidiano orientandolo verso meccanismi radicalmente diversi da quelli che ci hanno portato fino a questa fase involutiva e distruttiva sapendo che ogni nostra azione, anche quella che ci può apparire più banale, può costituire un punto di partenza per il cambiamento verso una società nuova più equa, giusta e pacifica.