Al momento nessuno è in grado di predire come sarà lo status finale dei rapporti tra Russia ed Ucraina, perché troppo alti gli interessi in gioco e perché in quell’area si stanno ammassando ogni giorno sempre più armi, armi sempre più potenti e inviate da un numero crescente di Stati.
Si può però analizzare quanto è successo negli anni recenti, sia come operazione di trasparenza che come monito per non ripetere gli stessi errori.
Partiamo da un minimo di storia, sin dal basso medioevo i territori ucraini sono sempre stati altalenanti per quel che riguarda la collocazione politica, sempre vi è stata una contrapposizione tra l’Ucraina occidentale a volte legata alla Polonia, a volte ai Paesi Baltici e la parte orientale russofila senza tentennamenti. Per quel che riguarda la Crimea è sempre stato un territorio russo sino a dopo la seconda guerra mondiale, quando con un gesto unilaterale “di amicizia fraterna” Krusciov pensò bene di donarla all’Ucraina creando parecchio scompiglio nella popolazione ma senza troppi allarmismi perché a quel tempo tutti erano fratelli.
Il ruolo della chiesa ortodossa pure è stato notevole nelle vicende russo-ucraine e va detto che fino al 1300 i patriarcati di Kiev e Mosca erano sullo stesso livello, ma nel 1328 il metropolita di Kiev abbandonò la sua sede e si trasferì a Mosca, da quel momento il primato di Mosca divenne inarrestabile.
Oggi le regioni dell’est, del sud e di parte del centro sono a maggioranza linguistica russa con una percentuale cha va dal 95% di quelle vicine ai confini russi al 55% di quelle del centro. Le regioni ad ovest parlano prevalentemente ucraino con l’eccezione di Kiev, la capitale, dove le due lingue sono egualmente conosciute e usate, anche se in maniera abbastanza curiosa: tra la popolazione è nettamente prevalente il russo, mentre a livello formale (telegiornali, riviste, documenti ufficiali) è utilizzato l’ucraino, quasi per scelta “governativa”.
Entrambe le lingue sono molto simili, anche se i suoni dell’ucraino sono più dolci e somigliano a quelli dei paesi confinanti (Polonia, Ungheria).
La posizione russa in sintesi oggi la si potrebbe racchiudere in una sola parola: NATO e tutto quello che rappresenta, per Putin è un tema centrale di primaria importanza.
La NATO è l’alleanza militare del dopoguerra creata nel 1949 tra i cui scopi principali vi era quello di impedire ai sovietici di invadere l’Europa Occidentale, ed ha funzionato abbastanza bene per circa 40 anni. Ma l’Unione Sovietica non esiste più da più da tre decenni. A Mosca i commentatori politici la spiegano in questo modo: “l’URSS è un ricordo della storia eppure la NATO continua a vivere, più finanziata che mai. È un esercito senza uno scopo, a questo punto, la NATO esiste principalmente per tormentare Vladimir Putin che, nonostante i suoi molti difetti, non ha intenzione di invadere l’Europa Occidentale.
Vladimir Putin non vuole il Belgio o la Polonia, vuole solo mantenere sicuro il suo confine occidentale, ecco perché non vuole che l’Ucraina entri nella NATO, e questo, dal suo punto di vista, ha senso. Come si sentirebbero gli americani se ad esempio il Messico o il Canada diventassero satelliti della Russia? Certo non sarebbero felici, lo stesso vale per i russi nei confronti dell’Ucraina”.
Ci sono poi due fatti incontrovertibili, il primo è che nel caso di un allargamento della Nato all’Ucraina, l’accesso della Russia alla sua base navale di Sebastopoli in Crimea sarebbe compromesso. Qui vi è una base navale importantissima che permette alla Russia attraverso il Mar Nero lo sbocco sul Mediterraneo. Secondo lo studioso russo, Richard Sakwa, se la Russia perdesse la base navale di Sebastopoli, sarebbe “La più grande sconfitta geopolitica militare della Russianegli ultimi mille anni”. Quindi per Vladimir Putin ciò è inaccettabile, non può permettersi che accada e non lo permetterà.
Questi ragionamenti erano validi sino ad una settimana fa, oggi con le dichiarazioni sempre più esplicite degli angloamericani sul fatto che bisogna “dare una lezione alla Russia” ed estromettere Putin, è probabile che in Russia la si pensi in modo molto più radicale.
Secondariamente bisognerebbe tener presente che quando Gorbaciov dette il via libera alla caduta del muro di Berlino con il cataclisma che ne è conseguito, pochi giorni prima incontrandosi con il cancelliere tedesco Kohl chiese espressamente: “Voi mi garantite che non inizierete nessuna operazione di allargamento ad est, di pressione sugli altri Stati (ex Paesi del patto di Varsavia) e azioni similari?”. Lo stesso discorso venne fatto all’allora segretario di stato USA James Baker che disse testualmente a Gorbaciov: “Se voi ritirate i 300 mila soldati che avete nella Germania Estnoi vi garantiamo che non ci allargheremo di un pollice ad est.” Lo stesso Baker anni dopo confermò ufficialmente alla stampa USA quanto promesso.
Sappiamo tutti che la parola data non venne mantenuta e si è assistito ad un progressivo allargamento ad est dell’Unione Europea e della Nato. Ovvio che ora da parte dei russi si voglia mettere un punto fermo perché questo non mantenimento della parola data brucia e molto.
Ma anche in Occidente e in USA sono molti a pensare che insistere su questa continua provocazione non farà altro che gettare del tutto prima o poi Putin nella braccia di Pechino, in questo caso la disgrazia epocale sarebbe proprio per noi europei.
Il colpo si stato in Ucraina del 2014 (chiamato rivoluzione arancione)
Non si può chiudere il capitolo Ucraina senza parlare della famosa colorata rivoluzione arancione molto evocata in questi giorni e soprattutto dei fatti di Maidan (meglio nota come piazza Euromaidan) in particolare i massacri del febbraio 2014, l’anno in cui in giugno l’Ucraina firmò a Bruxelles l’accordo di associazione e partenariato con l’Unione Europea sancendo di fatto la rottura definitiva con Mosca.
Quando iniziarono le proteste popolari contro il regime, anche in Ucraina si volle scegliere un colore, come per altre rivoluzioni avvenute di recente negli ex territori sovietici, ad esempio quella delle rose in Georgia nel 2003 o quella cantata dei paesi baltici nel 1987. Si scelse l’arancione perché i viali che portano al centro di Kiev hanno molti ippocastani e in autunno le foglie hanno un colore arancione.
Non ripercorrerò la storia dei complicati eventi avvenuti in quel Paese ma è importante ricordare che nel febbraio 2014 esattamente dal 18 al 20, dei cecchini dai tetti spararono indistintamente sia sulla folla che sulle forze dell’ordine per provocare il caos.
Oggi qualcosa in più si sa, secondo la ricostruzione che si trova nel libro Ucraina (di F. Bertot – A Parisi edizioni Historica, 275 pagine), viene detto che a sparare furono dei mercenari georgiani ingaggiati dall’ex presidente georgiano Mikhail Saaakashvili (personaggio assai discusso in cui in seguito sia l’Ucraina che la Polonia proibirono la permanenza nei loro Stati).
Vengono fatti pure i nomi: Koba Nergadze e Kvarateskelia Zalogy, il fatto inquietante però è che questi due in quei giorni incontrarono un ufficiale della 101ma divisione aerotrasportata Usa: Brian Christopher Boyenger. I cecchini furono fatti alloggiare all’hotel Ucraina che si affacciava sulla piazza da dove avvenne poi la sparatoria.
A livello internazionale la prima a parlare di questo oscuro momento fu la ministra degli esteri lettone Urmas Paet.
Il libro è in libera vendita dal 2019 e sinora non ha ricevuto ne smentite ne querele.
Aggiungo, per conoscenze personali ucraine che nel febbraio 2014 chi abitava alla periferia di Kiev nemmeno sapeva che nella piazza centrale vi era tutto questo movimento.
Il nazismo in Ucraina
A corollario di questi già tragici ed oscuri fatti va detto che l’Ucraina è l’unico stato europeo che nel suo esercito ha una componente dichiaratamente ed ufficialmente riconosciuta come neonazista: il famoso battaglione AZOV. Del resto quando venne invasa da Hitler, l’Ucraina non si dolette molto, e in quel Paese un certo vento nazista non si è mai spento. Occorre ripartire dalla seconda guerra mondiale con un dato incontrovertibile: dei 6 milioni di ebrei vittime dell’Olocausto, 1,5 milioni furono sterminati dai collaborazionisti ucraini con una metodologia impressionante. Un solo esempio: in una notte sola, quella del 29 settembre 1941, alla periferia di Kiev nel famoso massacro di Babij Jar furono uccisi 33.771 ebrei.
Oggi nelle forze armate ucraine non vi è solo il famoso battaglione Azov di ideologia nazista, quello è il più famoso ed è quello che ha un ottimo ufficio stampa. Vi sono però anche il reggimento Dnipro-1, il battaglione Dnipro-2, le milizie di Pravyj Sektor e la confraternita Centuria molto diffusa tra gli alti gradi dell’esercito.
Si può quindi dire che oggi in Ucraina il Nazismo prospera e fa paura. Al di la del famoso battaglione Azov (i cui componenti che raggruppano il meglio del nazismo europeo oggi pudicamente vengono chiamati marines, (copyright Retequattro Mediaset) e le persone che gli stessi tengono in ostaggio nell’acciaieria di Mariupol “scudi umani volontari” (copyright sempre Retequattro Mediaset) buona parte dell’esercito è impregnato di nazismo. E la gente ha paura, molta. Del resto in Ucraina esiste un sito governativo per denunciare i dissidenti, il sito si chiama Myrotvorets e dal 2014 raccoglie nomi ed indirizzi di filorussi e cronisti indipendenti. E pubblica i loro indirizzi di casa e numero di telefono. Nemmeno durante gli anni del fascismo da noi si pubblicavano nell’albo pretorio i nomi dei dissidenti.
Ultima illuminante considerazione: con tutte le devastazioni e le vittime che ha, il presidente ucraino Zelensky chiede solo esclusivamente armi, non dico che debba richiedere un ospedale da campo, ma nemmeno di un cerotto ha bisogno? .
Cosa pensano molti ucraini (non quelli che vanno in tv)
Chi scrive, per motivi personali derivanti dall’aver conosciuto in un momento di difficoltà causato da una invalidante malattia dei miei genitori signore addette alla cura delle persone di origine est europea, ha poi mantenuto ed ampliato i rapporti con esse, i loro familiari ed amici.
Oggi ho diverse amicizie consolidate, romene, moldave ed ucraine, non solo badanti (anche se è una professione nobilissima ed indispensabile) ma anche professionisti in altri settori (visti, licenze import export, etc.).
Nel 2019, ultimo anno in cui si poteva viaggiare liberamente, ho trascorso in estate diversi giorni ospite di una famiglia residente nel nord della Moldavia, 50 km a nord di Nisporemi, area già abbracciata dai confini ucraini, dove il paesaggio è lo stesso, con immensi campi di girasole ondeggianti al sole e piccoli paesi nelle cui periferie centinaia di pennuti, in prevalenza oche ed anatre razzolano indisturbati sino a sera. Il profumo ed il colore delle famose ricche terre nere ucraine, senza un accenno di pietre, ti invade e ti avvolge.
Per meglio spiegarci: il fratello della padrona di casa in cui ero ospite viveva (tuttora) a Mykolaiv città ucraina oggi diventata famosa per i combattimenti, un fratello del marito vive invece a Krasnojarsk in Siberia.
Varcati i confini della Romania, che è sempre stato un Paese a se, anche ai tempi della cortina di ferro, la gente comune ucraina, moldava, russa, si considera ancora oggi della stessa appartenenza per cultura, storia, gastronomia, modi di vita, al di la dei confini tra Stati.
E’ fuor di dubbio che il conflitto è stato scatenato dall’invasione russa in territorio ucraino, atto certamente deplorevole per risolvere i problemi. Questo però è solo una parte del racconto che si ferma esclusivamente nella equazione russi=cattivi versus ucraini = buoni senza se e senza ma.
Il problema è che gli ucraini soffrono per davvero e molto… ma molto soffrivano già prima grazie al loro Governo riconosciuto come uno dei più corrotti d’Europa, probabilmente il più corrotto. Nonostante le grandi ricchezze di quel Paese la gente fa la fame, cito come esempio illuminante la frase di una signora ucraina 50enne, arrivata in settembre ad Ivrea per lavorare, che durante il tragitto dalla Malpensa a qui mi disse “Giuseppe, cosa fai nella vita?”, risposi: “Io sono pensionato, mi piacerebbe fare ancora qualche viaggio finita la pandemia”. Risposta: “Lo so in Italia, quando siva in pensione la gente viaggia, in Ucraina quando si va in pensione si mettono i denti sul mobile della dispensa”.
Detto questo posso assicurare che tutte le persone residenti qui o in Moldavia e Ucraina con le quali ho parlato dicono la stessa cosa: “Non capiamo, non capiamo, siamo sempre andati d’accordo, anche i russi sono persone come noi (ed ognuno cita i propri parenti ed amici in Russia), dobbiamo cercare la pace” e sottovoce si lamentano dell’intransigenza del loro Governo.
Aggiungerei una cosa che nessuno mai ricorda. “Ma le lacrime delle madri dei giovani soldati russi morti, sono forse lacrime di seconda categoria?”
Proseguendo sulla situazione politica del Paese posso assicurare da fonte certa che della famosa rivoluzione arancione Euromaidan del 2014, in pratica un vero e proprio colpo di stato organizzato dagli americani con l’opera instancabile di Victoria Nuland sottosegretario di stato USA, in realtà pochi ucraini ne erano a conoscenza. Chi abitava nella periferia di Kiev non sapeva minimamente cosa succedeva nella piazza centrale, altro che rivoluzione popolare!
Aggiungo che la situazione economica in Ucraina è davvero disperata, solo ieri sera una signora con due figli in Ucraina rimasti in patria perché tutti gli uomini dai 18 ai 60 non possono lasciare il Paese mi raccontava che perlomeno in tutta la zona ad est del fiume Dniepr non vi è più una sola fabbrica aperta, grande o piccola che sia.
LA POSIZIONE OCCIDENTALE E QUELLA ITALIANA
Oggi solo un cieco non si rende conto che il conflitto in Ucraina vede gli Stati Uniti disposti a combattere fino all’ultimo ucraino per rimanere la prima potenza mondiale, gli europei a fornire armi sempre più letali e costose facendo la felicità dei vari apparati industriali- militari dei diversi Paesi. In parallelo dal primo giorno di guerra si è assistito ad una furia iconoclasta contro tutto quello che è russo, compresi letterati di due secoli fa. Questo fa si che in Italia oggi le persone siano divise in due schieramenti di tifosi che a me ricordano molto gli spettatori del Colosseo che incitavano a morte i gladiatori nell’arena. Tutto ciò è assurdo, nessuno che parli di pace o negoziati, sempre e solo armi, guerra, nessuna resa. Gli unici che si fregano le mani sono gli americani perché in un colpo solo distruggono Russia ed Europa, quest’ultima destinata a diventare inevitabilmente una colonia americana senza alcuna consistenza politica. Il governo italiano ha inviato e sta incrementando l’invio di armi sempre più potenti. Gli unici veri aiuti umanitari alla popolazione civile arrivano dal volontariato, dalle amministrazioni comunali e così via.
Conclusione
Appaiono chiare tre cose:
1 – paragonare la Resistenza italiana ed i ns partigiani con i combattenti ucraini mi pare come minimo fuori luogo.
2 – Il pensiero, ormai maggioranza in Italia sulla inopportunità di inviare armi pesanti che aumenteranno questo conflitto, non viene minimamente preso in considerazione del Governo
3 – Saremo tutti molto più poveri e con un clima sociale sempre più incattivito grazie al racconto a senso unico che ci propongono la maggioranza dei mass media.
A tal proposito vorrei ricordare che grazie alla cinematografia western americana, sino al 1970 anno in cui uscì il famoso film “Soldato blu” gli indiani erano considerati da tutti come selvaggi brutali che incendiavano, uccidevano e rapivano qualsiasi povero bianco che incontrassero, mentre invece stavano subendo uno sterminio progressivo fino a ridurli in pochi superstiti confinati nelle riserve.
Ricordiamoci anche oggi cosa può fare la propaganda quando ci abbeveriamo al tg della sera.
Beppe Mila