Che la curva dei “positivi” al virus Sars-Cov2 non avesse alcuna correlazione – e, men che meno, alcun rapporto di causa-effetto – con quella delle vaccinazioni era chiaro, a chi non guarda i numeri con le lenti del pregiudizio, fin dall’autunno scorso. A metà luglio, con oltre il 40% di vaccinati con due dosi, c’erano circa 40 mila “positivi”. A fine agosto gli italiani bi-vaccinati erano più del 60%, ma il numero dei “positivi” era salito a 140 mila: più che triplicato. Nella seconda metà di ottobre era ridisceso a 75-80 mila, ma a novembre (con oltre il 70% di bi-vaccinati, e qualcuno già con la dose “booster”) ha iniziato a risalire: al 31 dicembre, con il 75% di bi-vaccinati e il 33% di tri-vaccinati, gli “attualmente positivi” in Italia erano oltre 900 mila (quota mai toccata nei due anni precedenti). Al 23 gennaio, mentre la trionfale campagna vaccinale veleggiava ormai verso l’80% di bi- e il 50% di tri-inoculati, si è raggiunto il picco di 2,7 milioni di “positivi”. Poi la curva ha iniziato a scendere, ma ai primi di marzo si è assestata intorno al milione di “positivi”, non cala più, e ci sono giorni in cui si rilevano più nuovi contagiati che guariti.
Ora: com’è possibile che, quando ormai oltre l’85% della popolazione over 5 è stata vaccinata, in Italia si continuino a rilevare tra i 50 e i 60 mila nuovi casi di Covid ogni giorno, e non si riesca a scendere sotto il milione di “attualmente positivi” (quota mai raggiunta né nel 2020 con la variante Delta né nel 2021 con la Omicron)? Perché, dopo due anni, il maledetto virus continua a circolare così tanto?
«E’ colpa degli oltre quattro milioni di italiani non ancora vaccinati», proclama la comare in coda alle casse del supermercato, rincretinita da due anni di martellante propaganda: «se avessero fatto tutti come me, a quest’ora il Covid ce lo saremmo già dimenticato». Nessuno – né Draghi e Speranza, né il generale Figliuolo, né i super esperti del Cts, né i tanti televirologi – le ha detto che in Italia a febbraio 2022, su 1,5 milioni di nuove diagnosi di Covid, ben 1,2 milioni erano di persone vaccinate; e, di queste, la metà (oltre 600 mila) avevano fatto entrambe le dosi e anche il “booster”.
Insomma: a febbraio c’erano 1,2 milioni di persone che, avendo in tasca il super green pass rilasciato dopo il completamento del ciclo vaccinale, hanno preso treni, autobus e metropolitane, sono andate al ristorante, al cinema, a teatro, all’università, ovunque… fino a quando, accusando tosse o febbre o difficoltà respiratorie, si sono decise a fare un tampone e hanno scoperto di essere “positive”. E nel frattempo, avendo già il virus in corpo, chissà quante altre persone – in famiglia, sul lavoro, sui mezzi di trasporto, nei locali, ecc. – hanno contagiato.
E’ quindi evidente – lo è da mesi – che il super green pass, non garantendo affatto la “negatività” del possessore, non costituisce una “misura di contenimento del contagio”, come invece è ipocritamente definito nel decreto – poi convertito in legge – che l’ha introdotto. Anzi: se guardiamo i numeri, risulta chiaro che a propagare il contagio sono soprattutto le persone inconsapevolmente “positive” in possesso di super green pass: che proprio grazie a questo lasciapassare non fanno più tamponi da mesi. Chi non è vaccinato, invece, per poter andare a lavorare – cara signora in coda al supermercato – deve “tamponarsi” ogni 48 ore, e se “positivo” viene rilevato subito e messo in isolamento.
Eppure, nonostante la dimostrata inutilità (anzi: a questo punto, dannosità) del super green pass, il Governo continua ad emanare provvedimenti basati sulla fallace equiparazione “vaccinato = sano, non vaccinato = potenzialmente infetto”. Ad esempio: dal 10 marzo chi ha fatto la dose “booster” può andare a trovare per 45 minuti, senza fare alcun tampone, un parente ricoverato in ospedale o in casa di riposo. Quindi i 600 mila tri-vaccinati che a febbraio sono poi risultati “positivi” (e a marzo, visto l’andamento della curva, saranno altrettanti) ora possono entrare nei nosocomi e nelle rsa e portare il virus ai ricoverati. Oppure, sempre dal 10 marzo, quei 600 mila tri-vaccinati inconsapevolmente “positivi” possono andare al cinema e togliere la mascherina per mangiare patatine e pop-corn, con la benedizione del Governo. Chi non è vaccinato, invece, continua a non poter nemmeno accedere a un negozio o a un ufficio pubblico indossando la mascherina: deve aver fatto un tampone nei due giorni precedenti. Se l’ha fatto può entrare, e mescolarsi agli altri presenti dotati di super green pass – e quindi benedetti dal Governo – che però magari hanno il virus e lo contagiano. Sui mezzi di trasporto pubblici, poi, siamo alla farsa: se sei italiano puoi salire soltanto se possiedi il super green pass, ma se sei un turista straniero ti viene chiesto di mostrare il green pass “base”. Come se il virus badasse al passaporto.
La curva dei “positivi” non scende, e continuiamo ad avere un milione di “positivi” (e, di questi, quattro su cinque dotati di super green pass) proprio perché le cosiddette “misure per il contenimento del contagio” si basano su un lasciapassare inutile, discriminatorio e controproducente, introdotto da un’assurda legge che costringe capitreno, ristoratori, baristi, albergatori, commercianti ecc. a controllare un documento che non dice nulla sulla presenza o meno del virus nelle persone che lo detengono.
Esattamente vent’anni fa a Roma, in piazza Navona, a un raduno di elettori del centrosinistra, dopo aver ascoltato i discorsi di alcuni politici il regista Nanni Moretti andò al microfono e disse: «Mi dispiace, ma con questi dirigenti non vinceremo mai». Ora, alla luce dell’evoluzione della pandemia e degli assurdi provvedimenti messi in atto dal Governo Draghi per contrastarla, possiamo dire, analogamente, che con questi governanti il Covid non lo sconfiggeremo mai.