Niente obbligo di firma in commissariato – in concomitanza delle partite della squadra del ‘cuore’ – per i tifosi violenti che hanno provocato risse o incitato alla discriminazione razziale e al nazifascismo al di fuori degli stadi. Lo sottolinea la Cassazione rilevando che per questo tipo di comportamenti, che comunque denotano “disvalore”, non può trovare applicazione la legge Mancino con le relative limitazioni della libertà personale, come appunto quella dell’obbligo di firma, perchè la norma è rivolta unicamente a sanzionare quanto accade durante le “manifestazioni sportive”.
Per questo la Suprema Corte – con due diverse sentenze, n.50921 e n.50928 – ha annullato senza rinvio l’obbligo, per cinque anni, di presentarsi al commissariato per Davide B., ultrà della Juve che aveva partecipato a una rissa nel pieno centro di Torino. I supporter juventini erano accorsi per ‘vendicare’ un commento di un tifoso granata nel giorno della commemorazione del crollo dello stadio Heysel di Bruxelles nel quale, il 29 maggio 1985, morirono 39 persone, tra le quali 32 tifosi della Juve arrivati per la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Per lo stesso motivo, gli ‘ermellini’ hanno annullato senza rinvio l’obbligo di firma per cinque anni nei confronti di tre ultrà del Brescia che era usciti fuori da un pub per mostrare il dito medio e fare il saluto nazista a braccia tese e intonare ‘botte, botte, botte’, mentre passava un corteo religioso con centinaia di cittadini pakistani.
Ad avviso dei supremi giudici la legge Mancino, e le modifiche succedutesi nel tempo, non ha l’obiettivo di tutelare la “sicurezza in occasione di una qualsivoglia manifestazione semplicemente collegata all’attività sportiva, e dunque di natura meramente parasportiva”. E a maggior ragione deve escludersi l’applicabilità della misura dell’obbligo di firma quando la condotta violenta “sia stata posta in essere in occasione di manifestazioni che nulla hanno a che vedere con lo sport”. Così come è avvenuto nel caso di Brescia che ha visto i tre ultrà “inveire in occasione di una manifestazione religiosa ponendo in essere atti di provocazione alla violenza per motivi razziali”.
Per le violenze fuori dagli stadi, dunque, gli ultrà vanno perseguiti con le norme della legge penale e non con le misure ‘speciali’ della legge Mancino che ha un obiettivo circoscritto alla vigilanza dei luoghi dove si svolgono le partite. In tutti e due i casi, comunque, è rimasto in vigore il Daspo perchè è una misura amministrativa.
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