«C’è l’oro nella Dora proprio nei pressi del ponte vecchio del Borghetto».
E sarebbero addirittura quattro, le pepite tirate su da due cercatori, nelle scorse settimane.
Quattro pepite di una tale dimensione che di così grandi, in tutte le vallate alpine, non se n’erano mai viste.
Da far impallidire i tanti che da sempre, rovistano tra le fresche e non sempre dolci acque del torrente Orco in cerca di qualche pagliuzza.
La notizia ha immediatamente fatto il giro di tutte le associazioni degli amanti del genere “far west” e in men che non si dica è scattata una vera e propria rincorsa, talmente rumorosa da giungere ai piani alti dell’Ente Gestione aree protette del Po, che per venerdì 1° aprile, intorno alle 14, sarà a Ivrea con alcuni tecnici per individuare e delimitare l’area.
“Dobbiamo evitare che qualcuno si faccia male, perchè qui il fiume non consente immersioni” ci han detto.
E che i fiumi delle zone alpine piemontesi, fors’anche un po’ per colpa della crisi, siano da qualche tempo diventati delle vere e proprie klondike è un fatto noto.
“Ma è un’illusione pensare di arricchirsi o di trasformarlo in un vero e proprio mestiere”ha sostenuto più di una volta Arturo Ramella, presidente della Federazione mondiale dei cercatori d’oro. “E’ un problema di quantità tant’è vero che una squadra composta da tre persone – aggiunge – può recuperare non più di 2 grammi al giorno”.
In verità la Dora Baltea è tra i fiumi indicati nelle cartine diffuse dall’associazione insieme al torrente Orco, al torrente Elvo e al letto del Cervo al confine con la Valle d’Aosta.
Tradizionalmente le ricerche si concentrano più su, dove i fiumi nascono, ma su uno dei tanti siti specializzati, leggiamo, per esempio, che grande soddisfazioni avrebbero trovato alcuni ricercatori dalle parti di Rondissone.
Tra chi in Canavese fa, della ricerca dell’oro alluvionale, qualcosa di più di un semplice hobby, a metà strada tra la passione e il mantenimento di una tradizione, ci sono quelli dell’associazione “La via dell’acqua d’oro” di Feletto Canavese presieduta da Giovanni Vautero, 85 anni, discendente più rappresentativo di intere generazioni di cercatori. E lui ogni anno organizza manifestazioni e gare per tenere alta una tradizione che a Feletto vanta addirittura una mostra permanente con tutti gli attrezzi del mestiere, all’interno di alcuni locali messi a disposizione dal Comune..”Ho girato tanti fiumi in tutto il mondo — ha sempre detto orgoglioso — ma è l’Orco e non la Dora a dare le maggiori soddisfazioni. E l’Orco a me piace chiamarlo come ho sentito fare fin da bambino: Evador”.
dentro la storia
In un famoso passo di Strabone (Geografia, IV,6.7), lo storico greco dà notizia dell’attività di sfruttamento dell’oro alluvionale da parte dei Salassi con utilizzo delle acque della Dora, ma non fa riferimento diretto a siti particolari.
Al contrario Plinio il Vecchio (N.H. XXXIII, 4) e lo stesso Strabone in un passo successivo (Geografia, V,1.12) citano le aurifodine di Ictimuli o Ictumuli, senza riferimento ai Salassi, poi identificate con la regione Bessa.
Si parla di oro anche nel trecentesco D Bello Canepiciano” di Pietro Arzario, custodito nell’ambito della mostra permanente sui “cercatori” a Feletto. Si dice “di una gran quantità di oro che si poteva estrarre dall’Orco e di un grano dal favoloso valore di 16 fiorini”, vale a dire una pepita di 41 grammi, rinvenuta proprio a Feletto.